MASSIMO PANDOLFI
Editoriale
Editoriale

Cuore e batticuore

Era una strage, ora non è più una strage.

Novantatré persone su cento che subiscono un arresto cardiaco si salvano se si interviene in tempi ragionevolmente brevi con un defibrillatore. Spesso questi tempi ragionevolmente brevi (una manciata di minuti) non coincidono con almeno tre passaggi ufficiali, cioè la prassi in passato: 1) la presa di coscienza della gravità della situazione; 2) la chiamata dell'ambulanza; 3) l'arrivo dell'ambulanza stessa. Questi tre passaggi erano spesso e volentieri letali, fatali per colpa di nessuno. Si moriva quasi sempre e noi nei giornali chiudevamo gli articoli con il solito finale: 'Inutile la disperata corsa dell'ambulanza verso l'ospedale, dove l'uomo (o la donna) è giunto cadavere'. L'altra sera una delle tante belle notizie che si sono moltiplicate (per fortuna) in questi anni, è stata scritta in Valsamoggia, nel Bolognese, a Castello di Serravalle. Un uomo di 75 anni ha subìto un arresto cardiaco mentre ballava alla Festa dell'Unità e in pochi secondi-minuti si è mosso l'esercito della competenza e della bontà.

I volontari sono corsi nella vicinissima piazza del Paese dove era installato un defibrillatore, lo hanno portato nella pista da ballo e hanno cominciato le manovre di rianimazione con lo strumento salvavita. Quando è arrivata l'ambulanza il signore era già fuori pericolo; senza il defibrillatore sarebbe morto. Per fortuna i punti Sos con gli apparecchi salvavita aumentano anno dopo anno nelle città del nostro Paese, dai punti sensibili agli angoli delle strade. Ce ne sono decine di migliaia. Ma non bisogna fermarsi mai. E ancora di più bisogna incentivare (problema ancora enorme) i corsi per imparare a usare il defibrillatore. Perché se un'emergenza del genere capita a te o a me che non sappiamo neppure come è fatto questo aggeggio salvavita, beh, diventa tutto inutile. La chiamano educazione civica: ecco, diamoci tutti da fare.