VALERIO BARONCINI
Editoriale
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Il dovere di ridare dignità a quel corpo

Un corpo morto non si dimentica. Soprattutto non si dimentica se è completamente nudo, in una posizione innaturale. Non pare che dorma: è una bambola spezzata, illuminata dal sole nel fango. E quel corpo morto, il corpo morto di Vilfrido Branchi, è in realtà vivo. Willy non è morto quel giorno a Goro e anni di ricerca matta e disperatissima della famiglia, anni di fallimenti giudiziari e omertà vergognose non possono essere dimenticati. Il coraggio e l’obbrobrio. Sono le facce opposte di questa storia che, dal 28 maggio e per otto martedì consecutivi, vi racconteremo con un podcast del nostro Nicola Bianchi, ‘Willy Branchi - L’ultima verità’. All’interno di ‘Il Resto di Bologna’, il podcast della nostra testata, vi guideremo in una delle pagine più oscure della cronaca italiana. Attraverso testimonianze esclusive e clamorose rivelazioni giudiziarie cercheremo di ridare una dignità a quel corpo. Dignità e memoria. Come riporta il medico legale, "Branchi oppose una certa resistenza a un’aggressione inizialmente condotta con mezzi naturali, in questa fase si produssero le lesioni alla mano destra e quella da mezzi naturali al viso (occhio destro). Quindi subì afferramenti manuali per il collo e compressione dello stesso attraverso un laccio assai ampio". Sono parole brutali: la terza fase, quella letale, per il medico legale fu composta "da colpi al capo e al volto con una pistola, fino a uno sparo sullo zigomo. In ultimo Vilfrido fu travolto dalla furia contusiva attuata con un particolare corpo contundente, probabilmente una pistola da macellazione". Qual è dunque l’ultima verità su Willy? Seguite il podcast e lo scoprirete. Seguite il nostro giornale, vi accompagneremo in questa pagina nerissima. Compito di un giornale, che evolve con i tempi e raccoglie le sfide dei nuovi mezzi di comunicazione e racconto, è prima di tutto fare domande. E dare voce a chi una voce non l’ha. Questo faremo per Willy.