GILBERTO DONDI
Editoriale
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La strage di Suviana e i tempi della giustizia

La tragedia della centrale idroelettrica di Bargi, sul lago di Suviana, è una delle più gravi stragi sul lavoro mai avvenute in Italia. Si tratta, come è apparso evidente fin da subito, di una vicenda molto complessa: chiarire le cause del disastro e, soprattutto, attribuire le eventuali responsabilità non sarà semplice. Ma mai come questa volta è necessario che sia fatta piena luce e sia resa giustizia ai sette operai e tecnici morti e ai colleghi rimasti feriti. Il problema è che nel nostro Paese, dove a volte sembra davvero non funzionare nulla, è già accaduto in passato che, di fronte a catastrofi di simili proporzioni, i tempi della giustizia si siano dilatati a tal punto, per mille motivi, che alla fine i processi siano finiti in tutto o in parte senza colpevoli. La mannaia della prescrizione, infatti, è calata su casi che avevano sconvolto l’Italia, come la strage ferroviaria di Viareggio, solo per fare un esempio. E per le famiglie delle vittime il dolore della perdita si è unito alla rabbia per la giustizia sfumata.

Ebbene, quello che non deve succedere per Suviana è proprio questo. E siamo certi che non accadrà. L’inchiesta avviata dalla procura e dai carabinieri sta muovendo i primi passi nella giusta direzione. Siamo consapevoli della complessità dell’indagine e del fatto che si dovranno affidare maxi-perizie sugli enormi macchinari (turbina e alternatore) che richiederanno molto tempo. Siamo consapevoli anche che non sarà affatto semplice raccogliere le fonti di prova in uno scenario completamente alterato prima da un’esplosione e poi da un allagamento. Ma siamo altrettanto consapevoli che gli inquirenti saranno all’altezza del compito. Il procuratore capo Giuseppe Amato l’ha detto chiaramente: "Bisogna fare l’indagine con i tempi giusti”. Noi siamo certi che sarà così. Suviana, Bologna e l’Italia intera lo pretendono.