Disturbi alimentari: in Emilia Romagna non chiudono i centri dedicati

A fotografare la situazione è l’assessorato alla Sanità della Regione. Donini: “Non abbandoniamo chi soffre di questi disturbi, nonostante i tagli da Roma”. L’esordio del problema è quasi sempre in età evolutiva: ecco i numeri

Disturbi alimentari, i numeri in Emilia Romagna

Disturbi alimentari, i numeri in Emilia Romagna

Bologna, 12 gennaio 2024 - Nel 2021, in regione, 2.008 i pazienti presi in carico per disturbi del comportamento alimentare (Dna) tra Centri di salute mentale (1.379 persone) e Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza (629). Rispetto all’anno precedente, si registra un aumento del 27,5% quando i pazienti presi in carico sono stati 1.575. Alcune situazioni diventano così gravi da richiedere poi il ricovero ospedaliero: 856 persone di cui 701 donne (l’81,9%).

A fotografare la situazione relativa ai disturbi del comportamento alimentare, è l’assessorato alla Sanità della Regione. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna) rappresentano un gruppo di condizioni caratterizzate da marcata compromissione medica e psicopatologica, con un diretto impatto sullo sviluppo delle persone affette e dei loro familiari.

Complessa è l’origine e la difficoltà della gestione familiare è significativa. L’esordio avviene quasi sempre in età evolutiva. Si tratta, infatti, di disturbi psichiatrici con risvolti nutrizionali e metabolici che possono mettere a rischio la vita di chi ne è affetto, con percentuali di morte che nella fascia 12-25 anni sono seconde solo a quelle degli incidenti stradali.

Questo implica che, in termini assistenziali, la sfida sia legata al buon lavoro in equipe multiprofessionale, alla prevenzione e al riconoscimento precoce dei disturbi, alla presa in carico del paziente e della sua famiglia, al lavoro di rete organizzato su più livelli e alla ricerca. Occorre facilitare la richiesta di aiuto, le conoscenze, l’accesso alle cure e soprattutto garantire la stabilità delle risorse impiegate su tutti i livelli di assistenza (dagli ambulatori ai Day Service, dai ricoveri giornalieri alla riabilitazione intensiva o estensiva residenziale).

Approfondisci:

Invecchiamento biologico: ecco i fattori che lo influenzano. La ricerca dell’Università di Bologna

Invecchiamento biologico: ecco i fattori che lo influenzano. La ricerca dell’Università di Bologna

Identikit dei pazienti

In un identikit ideale, il 91,7% (esattamente 1.264) degli assistiti nei Centri di salute mentale e di sesso femminile, mentre i maschi sono 115 (l’8,3%). La prevalenza della componente femminile si riscontra anche nei servizi per la presa in carico dei più giovani (Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza) con 587 assistiti (pari al 93,3%).

Le fasce d’età più colpite

Per quanto riguarda le fasce d’età oltre due terzi degli assistiti (1.396, pari al 69,5%) si concentra tra i 12 e i 30 anni, con un incremento del 51,9% complessivo e del 124,4% tra i minori, rispetto al 2016, complice anche la pandemia da Covid che si è fatta sentire con forza anche sulla salute mentale, in particolare sui disturbi alimentari, rendendone l’esordio più precoce.

Sono infatti aumentate le richieste di aiuto e si sono acuiti i disturbi alimentari preesistenti. In questa fascia di età sono stati 461 i casi in cui si è reso necessario uno o più ricoveri.

Disturbi dell’alimentazione e diagnosi

Quanto alle diagnosi dei singoli disturbi dell’alimentazione, tra i problemi più frequenti ci sono: l’anoressia nervosa che comprende il 38,01% dei casi e la bulimia con il 26,5% di casi. In questi termini, il taglio del fondo nazionale con la legge di bilancio e i rischi di un mancato finanziamento hanno effetti importanti.

Approfondisci:

Influenza in Emilia-Romagna, uffici e aziende decimati. Appello alla vaccinazione

Influenza in Emilia-Romagna, uffici e aziende decimati. Appello alla vaccinazione

Fondo per il contrasto dei Dna: 1,8 milioni all’Emilia Romagna

Il Fondo per il contrasto dei Dna, istituito nel 2003, prevede complessivamente 25 milioni di euro su scala nazionale, di cui 1,8 milioni per la Regione Emilia-Romagna. Questi fondi hanno consentito di stabilizzare e consolidare il modello organizzativo della rete ambulatoriale basato sull’équipe multidisciplinare, sostenere la definizione, la pubblicazione e l’implementazione del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (Pdta) Dna in ogni Azienda sanitaria, attuare trattamenti di cura basati sulle evidenze scientifiche. Inoltre la Regione ha potuto applicare gli standard di riferimento per le Unità di ricovero ospedaliero metabolico-nutrizionale urgente in degenza ordinaria, realizzare una formazione regionale co-progettata dall’Università degli Studi di Bologna, garantire interventi a supporto delle famiglie.

Anziché consolidare le risorse specializzate e competenti dedicate al trattamento dei Dna per garantire la tempestività e la continuità delle cure, il mancato rifinanziamento avrebbe conseguenze significativamente negative. Non curarsi, interrompere le cure o ricorrere a cure non adeguate può infatti condurre ad un peggioramento della prognosi e all’aumento del rischio di cronicizzazione.

La riduzione delle risorse necessarie diminuirebbe infatti l’efficacia del trattamento ambulatoriale con il successivo maggiore ricorso ai ricoveri ospedalieri o a trattamenti riabilitativi più intensivi che presentano un costo molto elevato per il Servizio Sanitario Nazionale.

Donini: “Non lasceremo solo chi soffre di un disturbo alimentare”

“Noi non lasceremo solo chi soffre di un disturbo alimentare, chiediamo al Governo di fare altrettanto. Nonostante i tagli inseriti nella legge di bilancio, la Regione si impegna a garantire la cura di queste persone”. Così l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, rassicura i pazienti e i loro familiari, preoccupati dalle voci di chiusura dei centri che si occupano di queste patologie. “La nostra rete di assistenza e cura non subirà riduzioni - spiega Donini -, resta tuttavia un serio problema che proporrò di affrontare in Commissione nazionale salute della Conferenza Stato-Regioni: lo Stato non può abbandonare questi cittadini lasciando completamente sulle spalle delle Regioni l’onere delle cure. Abbiamo sul nostro territorio il 18% delle strutture pubbliche nazionali per la cura dei disturbi alimentari, non possiamo accettare che si disperda questo patrimonio. E per altre regioni meno strutturate i tagli avrebbero conseguenze anche peggiori”.

A Bologna un nuovo sportello 

È il caso di Animenta, realtà di promozione sociale attiva a livello nazionale che dal 2021 affronta i disturbi alimentari (non solo anoressia e bulimia) tramite informazione e riabilitazione: inaugura un nuovo punto d'ascolto dedicato in via San Donato 149, negli spazi di RitmoLento. Al nuovo servizio collabora il Laboratorio di salute popolare, un'autogestione targata Làbas. Che si tratti di un'iniziativa utile lo conferma Anna Rita Atti, prof dell'Alma Mater ed esperta del dipartimento di Salute mentale dell'Ausl: "Un 60-70% di pazienti che arrivano nel mio ambulatorio è riferito a studenti fuorisede, quindi con famiglia e medico di base spesso lontani. È un tema di grande complessità, anche se qui nel territorio c'è tanta competenza e voglia di fare. Dopo la pandemia c'è stata un'esplosione casi di disturbo alimentare, anche se il trend era in aumento già da prima. La situazione è delicata". Continua Atti: "Abbiamo una mole di richieste di sostegno incredibile, ma risorse risicate. Di recente c'è stata la possibilità di inserire nuovi dietisti e figure educative multidisciplinari nella nostra équipe, grazie a fondi Pnrr, ma appunto non ci possono essere persone stabili e dedicate. Il nuovo sportello sarà di grande aiuto, quindi, e da parte nostra c'è massima disponibilità a collaborare". Rimarca l'assessore comunale al Welfare, Luca Rizzo Nervo: "Sui disturbi alimentari c'è bisogno di finanziamenti e di finanziamenti stabili, in termini di programmazione. Ogni servizio, tuttora, ogni anno deve lottare tra mille difficoltà. A bisogni stabili si danno risposte stabili".