Suicidio assistito in 42 giorni: ricorso al Tar del Governo contro l’Emilia Romagna

Le motivazioni: “carenza di potere” dell’ente sul tema e “contraddittorietà e illogicità” delle linee guida inviate alle aziende sanitarie. Schlein: “Mossa ideologica”. Bonaccini: “Battaglia politica sulla pelle dei pazienti”

Bologna, 18 aprile 2024 – Il governo Meloni piccona l’Emilia-Romagna. Obiettivo: annullare le delibere regionali – che a febbraio hanno dato il via a un iter di 42 giorni per il suicidio medicalmente assistito – attraverso un ricorso al Tar presentato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero della Salute. Una bomba che esplode poco prima di chiudere i giochi sulle liste delle Europee e con in prospettiva la partita delle Regionali, con Stefano Bonaccini sempre più vicino alla candidatura verso Bruxelles.

“Si è passato il limite. È una battaglia politica sulla pelle delle persone, il governo ci boicotta”, la replica a dura – del governatore emiliano-romagnolo e presidente dem, mentre la segretaria Pd, Elly Schlein parla di “ricorso ideologico”, invocando la necessità “di fare una legge in Parlamento”. Una linea seguita da tutto lo stato maggiore dem (da Alessandro Zan a Sandra Zampa, da Andrea De Maria ad Alessia Morani), ma pure dal M5s regionale e da Avs, con una sfilza di attacchi al governo, reo – secondo i dem – di prendere di mira l’Emilia-Romagna in quanto feudo della sinistra. Mantra ripetuto dal Pd anche in merito al braccio di ferro sulla Città 30 di Bologna dove il ministero dei Trasporti ha appoggiato il ricorso al Tar dei tassisti che puntano a eliminare i nuovi limiti di velocità.

Il centrodestra, a partire dalla consigliera dell’Emilia-Romagna di Forza Italia Valentina Castaldini che ha reso noto il ricorso del governo datato 12 aprile, e che già ne aveva depositato uno lo scorso marzo, esulta: «L’esecutivo ha ritenuto ci fossero tutti gli estremi per annullare le delibere, come ho sempre sostenuto. La battaglia contro il fine vita si rafforza e, a questo proposito, chiederemo di unire i due ricorsi». Le motivazioni, riportate nelle 20 pagine del documento, ricorda Castaldini, «evidenziano un eccesso di potere dell’ente di viale Aldo Moro sul tema, e la contraddittorietà e l’illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende sanitarie per la gestione del suicidio medicalmente assistito». Sulla stessa linea Marta Evangelisti, capogruppo in Emilia-Romagna di Fratelli d’Italia, che aveva chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato ponendo dubbi di legittimità costituzionale.

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Obiezioni che la Regione aveva respinto, sottolineando che le delibere regionali nascevano per recepire la sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale (relativa al caso di dj Fabo), garantendo il diritto dei malati (affetti da patologie irreversibili e pienamente capace di intendere e volere) in mancanza di una legge nazionale. Il governo, nel ricorso, contesta però all’Emilia-Romagna di aver «creato un inesistente diritto al suicidio assistito», creando un articolato iter (di 42 giorni, ndr) fino all’auto-somministrazione del farmaco letale. Da qui, si lamenta una «mancata uniformità di trattamento a livello nazionale» e il rischio d’incentivare «il turismo sanitario» sul fine vita. Nel mirino è finito anche il Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica, istituito con delibera regionale per dare parere (non vincolante) a chi chiede il suicidio assistito. Secondo le motivazioni del governo, il Corec va in conflitto con i comitati etici territoriali, emanazione del ministero della Salute. Obiezione che già era stata sollevata lo scorso febbraio dal Comitato nazionale di bioetica che, non a caso, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’Emilia-Romagna, però, tira dritto. «Difenderemo i nostri atti e il diritto di un paziente in fine vita a decidere per sé – dice Bonaccini – senza dover chiedere il permesso al governo e alla destra». Resta il fatto che manca la legge regionale. La proposta di legge Cappato, infatti, non è stata discussa in Aula in Regione per evitare spaccature politiche come in Veneto. Da qui, l’Associazione Luca Coscioni, torna in pressing sulla legge proprio «per dare maggiori garanzie”.