Epigrafi romane trafugate a Ostia Sequestri a casa di un professionista

Nove preziosi reperti, grazie all’intuizione della soprintendente Ciuccarelli, tornano a casa dopo 80 anni

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E’ merito dell’intuizione di una archeologa della nostra Soprintendenza se i carabinieri della Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona hanno risolto un “giallo” lungo ottant’anni, grazie ad una indagine scientifica coordinata dal Tribunale di Pesaro. Dopo quasi un secolo in cui si ritenevano ormai perdute, sono state infatti ritrovate nell’abitazione di un fanese a Fano – un professionista figlio di un notaio con abitazione al Lido – nove preziose epigrafi funerarie in marmo rubate e vendute a una collezione privata nella prima metà del secolo scorso, dopo gli scavi per la costruzione dell’Eur e la confusione che seguì al blocco dei cantieri dell’esposizione Universale del ‘42 fermata dalla guerra. Ora quei reperti sono tornati nel Parco archeologico di Ostia Antica.

La storia, che sembra una puntata della serie ‘Cold Case’, inizia a casa di Maria Raffaella Ciuccarelli archeologa della Soprintendenza archeologica delle Marche. Da funzionario pubblico non può entrare nel merito e svelare i nomi, ma racconta che stava leggendo un piccolo volume del 2018 di uno studioso locale Gello Giorgi che nei suoi studi su Suasa descriveva, senza immagini, delle epigrafi che aveva visto in una collezione di un professionista di Fano e dove si diceva genericamente che provenivano da Roma. L’archeologa si è incuriosita e con l’aiuto del marito Andrea Raggi, docente di Epigrafia all’università di Pisa, ha scoperto che avevano un testo del professor Fausto Zevi sulle epigrafi scavate a Ostia Antica, e hanno ricollegato il fatto a quelle della collezione che Zevi credeva perdute.

"Abbiamo allertato i carabinieri del Nucleo Tutela di Ancona" racconta l’archeologa. Poi, "le verifiche condotte dal parco archeologico di Ostia antica - hanno spiegato i funzionari del Parco - hanno confermato la provenienza da Ostia, da cui risultavano essere state trafugate, permettendone la restituzione, disposta dal competente tribunale di Pesaro". Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico, ha svelato il retroscena: "L’enigma sciolto dai colleghi della soprintendenza delle Marche ha richiesto un’indagine complessa, a partire da un gruppo di iscrizioni quasi mute, certamente antiche ma prive di qualunque relazione di accompagnamento o verbale di scavo". "Vi sono scritte - spiega l’archeologo Fausto Zevi, professore emerito di Archeologia e storia dell’arte greco-romana - che commemorano i defunti, una ‘ottima moglie’, un ‘carissimo marito’, e c’è anche quella di un bambino, Epigono, morto a quattro anni e due mesi, che doveva essere conservata in un mitreo. Serviranno a ricostruire l’antica comunità di Ostia".

"Il fanese è stato molto collaborativo - conclude Ciuccarelli -. Il defunto padre non ha lasciato nulla di scritto per cui non è stato possibile appurare come siano arrivate a Fano".