FABIO CASTORI
Cronaca

Omicidio Biancucci, chiesti 30 anni per Longo

In Appello l’accusa propone la conferma delle condanne di primo grado per l’assassinio della donna nel corso di una rapina

di Fabio Castori

Trent’anni per Dante Longo, 48enne di Porto Sant’Elpidio, 16 per suo nipote Sebastiano Piras, 35enne di Offida, e 4 per la compagna bulgara del 48enne, Zlatina Iordanova. Sono queste le condanne chieste dal procuratore generale di Ancona nel corso del processo che si è svolto ieri davanti alla Corte d’Appello per l’omicidio di Maria Biancucci, la 79enne di Alteta di Montegiorgio morta durante una rapina in casa finita male. Sono le stesse pene già inflitte in primo grado dal giudice del tribunale di Fermo con rito abbreviato e quindi con la riduzione di un terzo della condanna. I difensori dei tre, gli avvocati Francesco De Minicis, Elisabetta Palmaroli, Umberto Gramenzi ed Emiliano Carnevali, hanno invece chiesto una riduzione della pena a l’applicazione delle attenuanti generiche. I figli della vittima, che si sono costituiti parte civile, erano rappresentati dall’avvocato Igor Giostra. Il processo è stato quindi aggiornato a settembre per la replica del procuratore generale e la sentenza. Il delitto risale all’11 marzo 2018 ed erano da poco passate le 22,45 quando il figlio della donna aveva fatto rientro a casa e si era accorto che le stanze erano state messe a soqquadro. A quel punto aveva iniziato a chiamare la madre e si era precipitato nella sua stanza da letto. E’ qui che si era trovato di fronte al corpo senza vita della donna con il pigiama indosso, a pancia in sotto sul letto, con i piedi e le mani legate dietro la schiena con del nastro da pacchi. Dall’abitazione era stati trafugati denaro contante e due carte di credito.

Fin da subito l’attenzione dei carabinieri, intervenuti sul luogo del delitto, si erano concentrate su Longo e la sua compagna, ma solo nel novembre scorso era entrato in scena il terzo uomo. Per incastrare Longo l’attività era consistita nell’analisi dei filmati delle telecamere pubbliche e private presenti sul territorio, dei tabulati telefonici nonché della comparazione dei profili genetici, che erano risultati compatibili.

Gli elementi raccolti avevano condotto i militari dell’Arma a reperire gravi e precisi indizi nei confronti del 48enne elpidiense che era finito in manette nell’agosto del 2018.

Il nome di Piras era emerso soltanto a novembre, durante un interrogatorio a Longo, e la pista era stata subito battuta dagli inquirenti. Anche in questo caso, per inchiodare il 35enne, fondamentale era stata la comparazione delle tracce di dna rinvenute sulla scena del crimine.

La Iordanova invece, aveva solo accompagnato in auto la banda sul luogo del delitto.

Gli investigatori, oltre ad aver visto dalle registrazioni della videosorveglianza l’auto della donna passare in zona con lei ed altri due uomini a bordo, avevano individuato il cellulare in uso alla Iordanova, agganciato alla cella telefonica di Rapagnano – vicino ad Alteta di Montegiorgio - proprio nell’orario in cui si era consumata la tragedia. Gli ultimi due erano stati arrestati nel gennaio del 2019. Longo era un amico di famiglia e conosceva bene sia la vittima che il figlio. Il 9 marzo era andato a trovare entrambi e si era intrattenuto con loro per lungo tempo.