Alcol e droga, un progetto per la salute dei bambini

Un convegno organizzato da Fondazione Estense e associazione Aidefad con esperti e medici. Azioni concrete finanziate dal Fondo di solidarietà

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L’imperativo categorico (è la scienza a dirlo) è semplice: assumere sostanze alcoliche o droghe durante la gravidanza nuoce seriamente alla salute del nascituro. Di questa problematica, che solo di recente sta svelando i suoi contorni destinati a incidere pesantemente su molti aspetti della vita e della socialità, si è parlato l’altro giorno nel corso di un convegno promosso dalla Fondazione Estense e da Aidefad, l’associazione italiana disturbi da esposizione fetale ad alcol eo droghe. Molti e qualificati i relatori - intervistati dal nostro collaboratore Alberto Lazzarini - a vario titolo uniti in un progetto (solo il primo, si spera, di una serie) che mira a osservare e aiutare i bambini e gli adolescenti che presentano specifiche difficoltà collegate ad attenzione, comunicazione o relazione. Secondo statistiche, ogni anno sono 120.000 nel mondo i neonati che sviluppano disordini feto-alcolici. In Italia sono almeno 25.000 i bambini e i ragazzi affetti dalla sindrome. Il progetto, come ha osservato in apertura il presidente della Fondazione Estense Giovanni Polizzi, ha trovato il sostegno dell’ente nella consapevolezza del suo valore sociale e nel solco della missione e dell’attività della Fondazione. Si è detto di un’associazione – la Aidefad – che si occupa specificamente del problema e raggruppa famiglie, spesso adottive, con figli che presentano sindromi di vario tipo causati dai comportamenti scorretti adottati dalle madri naturali in tempo di gravidanza: l’avvocato Alessandra Pisa, referente regionale, che ha tenuto le fila del progetto e Claudio Diaz, presidente nazionale, hanno fatto il punto della situazione sottolineando la complessità della tematica cui non è possibile offrire una risposta semplice, lineare, anche a seguito delle difficoltà delle diagnosi. A monte, naturalmente, è necessaria una grande opera di prevenzione e alla base tanta consapevolezza. La risposta, si potrebbe dire, sta nella capacità di fare rete, a cominciare dal mondo sanitario, ha sostenuto Franca Emanuelli responsabile della neuropsichiatria infantile della nostra Asl. Anche l’ambiente, la comunità svolgono un ruolo fondamentale, ha aggiunto Stefania Bazzo pedagogista ed esperta della sindrome rara fads. La malattia è spesso nascosta e più diffusa di quanto possa sembrare; occorre individuare quanto prima la sindrome. C’è insomma una cultura da costruire.

Non solo sanità, naturalmente: Cristina Pellicioni amministratore unico di Asp ha insistito sulla necessità della prevenzione e della sensibilizzazione, a partire dai giovani. Per Tamara Zappaterra prorettrice alla diversità e Maria Antonietta Difonzo responsabile del Centro territoriale di supporto è centrale il binomio formazione-inclusione con la presenza attiva della scuola; Alessandro Venturini dell’ufficio comunale integrazione scolastica è infine intervenuto sull’importanza delle specifiche professionalità e sul lavoro in rete. Al termine si sono succedute alcune significative e anche toccanti testimonianze di operatori e di famiglie e della dirigente dell’associazione famiglie adottive Francesca Massellani.