
Mesola, un numeroso gruppo di famiglie in consiglio comunale contro la mancata apertura delle mense. Nelle T-shirts pesante atto d’accusa, forti i disagi per i genitori lavoratori per le lezioni solo al mattino.
La protesta delle famiglie di Mesola contro i tagli alle risorse destinate al sostegno educativo prosegue. Durante l’ultimo Consiglio Comunale, la sala consiliare era gremita. I genitori hanno scelto una forma simbolica di protesta, indossando magliette bianche con messaggi come: "Insieme per avere le risposte", "Aiutateci", "Basta speculare su scuole e sociale", "W l’inclusione".
Un altro punto critico, sollevato durante la seduta pubblica, riguarda la mancata attivazione delle mense scolastiche a Mesola e Bosco per l’anno scolastico 2024/2025. Il servizio, che doveva essere garantito con l’apertura dei due nuovi edifici comunali finanziati con fondi del Pnrr e inaugurati dall’amministrazione Padovani il maggio scorso, è fondamentale per distribuire meglio il carico delle ore scolastiche, permettendo agli studenti di affrontare due rientri pomeridiani. La situazione attuale, che prevede lezioni concentrate solo al mattino, dal lunedì al venerdì, genera disagi sia per gli alunni che per le famiglie, in particolare per quelle con genitori lavoratori. Le preoccupazioni, dunque, coinvolgono un numero significativo di famiglie, che auspicano l’avvio del servizio mensa per il prossimo anno scolastico. La protesta delle famiglie coinvolge anche chi ha visto la reintroduzione della retta per l’asilo nido di Bosco, pari a 270 euro, nonostante il Comune possa attingere al fondo regionale per le aree interne per sostenere i nuclei famigliari con bambini dai 6 mesi ai 3 anni, con Isee inferiori a 40mila euro. Il gruppo di minoranza "Insieme per Crescere" ha aggiunto la propria voce al dissenso, criticando i tagli al sostegno scolastico. "Abbiamo appreso dall’assessore Gessica Massarenti che per l’anno scolastico sono state concesse solo 43 ore di sostegno, a fronte delle 178 richieste, contro le 75 dell’anno precedente a fronte di 156 ore richieste, adottando un metodo di riparto incomprensibile e poco equo che non tiene in considerazione la priorità dei casi gravi che necessitano di assistenza costante sia didattica che sanitaria".
Guendalina Ferro