"Come è morto Denis? Mai saputo niente"

Argenta, processo Bergamini. In aula sentito l’ex bomber azzurro Gianfranco Zola: "Del calcioscommesse non so nulla"

"Come è  morto Denis? Mai saputo niente"

"Come è morto Denis? Mai saputo niente"

"L’udienza di oggi (ieri, ndr) è stata imbarazzante, tutte le piste alternative millantate dall’ex collaboratore di giustizia Pugliese si sono rivelate evanescenti, inconsistenti. I testi hanno smentito in maniera netta quanto da lui affermato. Stiamo correndo verso l’unica verità incontestabile: Denis Bergamini è stato ucciso per ragioni d’onore, perché aveva lasciato Internò e si stava per sposare con un’altra ragazza. Nessun coinvolgimento della malavita organizzata". A parlare è l’avvocato Fabio Anselmo, legale che assiste i familiari di Denis Bergamini, nel processo contro la sua ex Isabella Internò, accusata di concorso nell’omicidio del calciatore, ucciso il 18 novembre 1989. Anselmo lo fa al termine dell’udienza che ha visto sfilare davanti alla Corte, tra gli altri, l’ex nazionale azzurro, Gianfranco Zola, il noto tamburino sardo, calciatore tanto amato a Napoli, dove ha militato dal 1989 al 1993. Zola ha smentito ogni parola che l’ha riguardato, pronunciata dall’ex collaboratore di giustizia Pietro Pugliese, teste che la difesa Internò ha citato per spostare l’attenzione della Corte dal movente passionale di delitto d’onore al calcioscommesse. Tentativo che sta miseramente fallendo. "Posso escludere di aver parlato di Denis. Io Bergamini non lo conoscevo neanche – ha dichiarato Zola alla Corte – , credo di averlo affrontato da avversario quando ero alla Torres, ma della sua storia personale non sapevo nulla". A tirare in ballo Zola, così come altri nomi noti del pallone è stato qualche udienza fa, l’ex collaboratore di giustizia nonché ultras del Napoli, Pietro Pugliese. Personaggio che fu molto legato anche alla stella del Napoli di quei tempi, Diego Armando Maradona. Pugliese aveva riferito che Zola, Michele Padovano (compagno di squadra e di stanza di Bergamini) e due giornalisti Rai, erano venuti a conoscenza del movente che portò all’assassinio di Bergamini e che era da ricercarsi nel calcioscommesse e nel traffico di droga. Tutto categoricamente smentito ieri da Zola, che ha aggiunto: "Non mi ricordo assolutamente nessuna conversazione con questo soggetto". E da Padovano, che si è limitato a un "non conosco Pietro Pugliese e quello che afferma è tutto falso". Stesse dichiarazioni per i due giornalisti della Rai Roberto Scardova e Fabrizio Feo. Si torna in aula il 7 maggio, con la testimonianza di alcuni consulenti. E potrebbe essere l’ultima udienza di ascolto delle centinaia di testimoni che hanno sfilato davanti alla Corte in due anni e mezzo di processo, per dare il via alla discussione e infine alla sentenza, nell’unico vero processo su uno dei cold case più datati d’Italia. Una verità attesa da più di 34 anni.