"Impensabile reintegrare Arquà Le minacce? Un fatto gravissimo"

Il presidente di Anci Antonio Decaro interviene sull’affaire che ha coinvolto la consigliera e il vicesindaco "Non c’è nulla di folcloristico in questa vicenda. Spesso gli episodi intimidatori sono sottovalutati"

Migration

di Federico Di Bisceglie

"Ci pare impensabile che una consigliera comunale possa essere reintegrata nel suo ruolo dopo essersi resa responsabile – come pare per sua stessa ammissione – di una incredibile campagna di denigrazione e minacce personali ai danni del vicesindaco della sua città. Una città importante, dove questa vicenda sta destando sconcerto e dove sono oggettivamente messi a rischio il normale svolgimento dei lavori del Consiglio comunale e l’attività amministrativa". Irrompe così, parlando del merito dell’affaire Aruqà e schierandosi nettamente dalla parte dell’amministrazione comunale. L’intervento è di Antonio Decaro, presidente dell’Associazione Nazionale Comuni italiani (Anci) e sindaco di Bari. Un esponente del Pd, di primo piano. "La vicenda è locale – scandisce De Caro – ma evoca un tema di rilevanza nazionale da molti anni oggetto del nostro lavoro, di iniziative politiche e di campagne di sensibilizzazione: il tema delle minacce ai sindaci, agli assessori e in genere agli amministratori comunali. Minacce che purtroppo spesso non rimangono verbali ma si concretizzano in autentiche aggressioni, violenze, intimidazioni". Queste sono state le argomentazioni utilizzate anche dal sindaco Alan Fabbri nella lettera che ha inviato al ministero dell’Interno per tentare di ’bloccare’ il reintegro della consigliera Rossella Arquà, riabilitata da una sentenza del Consiglio di Stato che ha capovolto il pronunciamento del Ter che aveva invece dato ragione al Comune, respingendo l’opposizione alle dimissioni. Ovviamente, come più volte ribadito, alla questione amministrativa, si è intrecciata la questione giudiziaria. Due percorsi che, inevitabilmente, sono finiti per incanalarsi in un unico grande affaire politico. Dalle diverse sfaccettature. Ma torniamo a Decaro. "La vicenda di Ferrara – così il presidente di Anci – ci sembra particolarmente assurda, anzi pericolosa non solo per la vittima delle minacce ma anche come possibile precedente per altre vicende analoghe. Personalmente, e come presidente dell’Anci a nome dei sindaci italiani, voglio dare la mia solidarietà al vicesindaco Lodi e alla giunta di Ferrara, e il pieno sostegno alle iniziative che il sindaco Fabbri ha intrapreso in sede istituzionale per ripristinare le condizioni minime di agibilità del consiglio comunale e del governo della città". Dunque una posizione nettamente diversa, quella di Decaro, rispetto alla posizione assunta dagli esponenti del centrosinistra ferrarese che hanno chiesto, mediante una lettera al prefetto, di reintegrare la consigliera Arquà in Consiglio Comunale.

"Non è un caso solo locale – conclude Decaro – e non ha nulla di folcloristico. È una vicenda emblematica della possibilità per i nostri amministratori pubblici di lavorare con serenità e di sentirsi tutelati da chiunque cerchi di intimidirli e di colpirli". Il fatto che Decaro abbia assunto questa posizione netta la dice lunga sulla percezione del caso Arquà (inteso sotto il profilo più squisitamente giudiziario), al di fuori delle mura estensi. Certo, la rilevanza politica e numerica del reintegro della consigliera è nota a tutti. Così come è noto a tutti che il Consiglio Comunale è sostanzialmente fermo dal 7 novembre scorso. Però, dalle parole di Decaro, sembra trapelare un concetto: sulle minacce agli amministratori pubblici, non c’è da scherzare.