"Merito degli studenti universitari e della carenza di giovani ferraresi"

L’analisi di Gandini (Cds): "Il contesto rimane comunque quello di un importante calo demografico. I ragazzi della zona non bastano a coprire la domanda di lavoro. Arrivano persone dal sud e dall’estero"

Migration

La presenza dell’Università e necessità di rispondere alla domanda di lavoro, in un contesto di "sensibile calo demografico". Sono, in estrema sintesi, le piste attraverso le quali interpretare il dato che vede Ferrara tra le cinque provincie italiane più attrattive, cioè quelle che registrano un saldo migratorio positivo (+3,48% nel nostro caso). A ipotizzare una spiegazione per questo trend è Andrea Gandini, ex docente e direttore dell’annuario del Cds.

Gandini, che cosa ci raccontano questi numeri?

"Il saldo migratorio interno, cioè la differenza tra chi arriva a Ferrara da altre zone dell’Italia e chi va via, è aumentato. Nel 2019 il saldo era di 858 unità, nel 2020 di 935 e di 1.347 negli ultimi dodici mesi. Entrando nel dettaglio dei numeri, da altri Comuni sono arrivate nella nostra provincia 8.651 persone mentre ne sono partite 7.304".

Cosa ci può dire per quanto riguarda gli arrivi dall’estero?

"Negli ultimi dodici mesi sono arrivate 2.112 persone e 745 sono partite per l’estero. Il saldo è di 1.367 persone, dato quasi uguale al saldo interno".

Possiamo ritenerlo un andamento positivo?

"Si tratta di dati che vanno inseriti in un contesto ben preciso. Ricordiamoci che la provincia di Ferrara è in una situazione di calo demografico. E questo nonostante gli apporti migratori interni ed esterni".

Ferrara al quinto posto tra le province più attrattive d’Italia, dietro a Trieste, Piacenza, Bologna e Pavia. Come se lo spiega?

"Le piste sono due. La prima è legata al sistema universitario. La presenza dell’Ateneo funge da attrattore per i giovani. Un ruolo in questo senso ce l’ha anche il basso costo degli alloggi, che può invogliare anche chi studia o lavora a Bologna o a Padova. Questo ci porta a dire che sia necessario pensare Ferrara come città universitaria e non come città con l’università".

Qual è la differenza?

"Una città universitaria deve impostare i servizi avendo come obiettivo gli studenti, proprio come si fa con i turisti, creando pacchetti e relazionandosi con i loro territori di origine".

E la seconda pista?

"Mettendo a confronto i dati sulla domanda di lavoro e l’offerta giovanile dei ferraresi, si vede uno scarto notevole. I ferraresi non sono sufficienti per coprire il turn over. Questo diventa perciò un fattore di attrazione per i giovani provenienti da fuori provincia, soprattutto dal sud. Qui trovano più facilmente lavoro, soprattutto nelle campagne. Stesso discorso vale per chi arriva dall’estero, soprattutto donne impiegate come stagionali agricole o badanti".

Il Covid ha avuto un ruolo in tutto questo?

"Non credo. La pandemia ha determinato una fuga dalle città alla periferia, ma non penso che sia il caso di Ferrara".

Federico Malavasi