Zanellato, una vita d’arte e colori

Nato a Mesola, ha compiuto ieri 90 anni. Dagli oggetti poveri, ai nidi alle sedie: viaggio nella poetica del pittore

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di Galeazzo Giuliani*

Nato a Mesola l’8 aprile 1931, Alfredo Zanellato quest’anno compie 90 anni, di cui una settantina dedicati all’arte, se contiamo anche quelli trascorsi nelle aule della Scuola di Disegno e Applicazione di Adria e nello Studio del ritrattista adriese Antonio Tumiati. Che in Zanellato fosse latente il fuoco sacro della pittura se ne accorse Mimì Quilici Buzzacchi, che lo volle suo ospite a Roma, affinché potesse partecipare a un concorso bandito dall’Accademia di San Luca. Aveva intuito che le radici di Zanellato affondavano profondamente nelle silenziose atmosfere di quella parte del nostro territorio, troppo spesso dimenticata, in cui scorrono, finalmente libere, le ultime acque del Po, prima di farsi maree.

Nel 2018, la città di Mesola, orgogliosa dell’opera del suo famoso concittadino, ha voluto onorarlo ospitando una mostra di oltre duecento opere nel Castello Estense. Una ricchissima antologica che ha consentito di partire dalla rivisitazione delle opere lodate da Renato Sitti, nel lontano giugno 1959, quando Zanellato mostrava timidamente le sue prime tele nelle salette della Galleria Cairoli a Ferrara: "… opere fresche e piacevoli, tanto entusiasticamente realizzate da donarci spesso il senso, sia pure provvisorio, dell’inedito… Ricordiamo ‘La giostrina’, dove un arioso clima di paese si fonde garbatamente con un richiamo appena accennato di nostalgia".

Una pittura che sembrava aver trovato il suo corrispettivo letterario nella poesia delle cose umili di Corrado Govoni, ma che, crescendo, si è arricchita di temi, senza tradire la propria natura. Dagli oggetti poveri, riposti su umili assi, scaffali sospesi contro muri intonacati e allisciati da grezzi frattazzi, dalle case diroccate che raccontano di miseria e sofferenza, Zanellato è passatoal tema dei ‘nidi’. Intrecciati nei canneti o sui rami degli alberi, i nidi si fanno metafora della casa, della famiglia, quella famiglia la cui serenità era stata spezzata dalla precoce morte della madre, quand’era ancora bambino. A questo dolore si aggiungerà quello per la triste sorte della sorella, ammalata di un male incurabile, che visse tutta la vita in una casa di cura, ma mai abbandonata dal fratello. Nuovi protagonisti dei suoi racconti pittorici sono poi le ‘sedie’, simbolo dell’ospitalità, che raffigura spezzate, aggrovigliate, a significare il mutare dei sentimenti della società. Per descrivere il proprio mondo poetico, che non riesce più a contenere nello spazio di una sola tela, Alfredo Zanellato ricorre al polittico, che gli consente una narrazione per capitoli. Ha bisogno di dipingere su grandi tele, come ad esempio, in Avvenimento (Nubi), 1987-1988, dove prefigura un mondo in rovina. Il tema si sviluppa su cinque pannelli, cm 110 x 70. Superata questa fase pessimista, riapproderà poi a visioni più serene, in cui i veri protagonisti tornano ad essere il colore e il disegno, nei quali si rivela, ancora una volta, un vero maestro.

Di Alfredo Zanellato hanno scritto i nomi più noti della critica d’arte, a cominciare da Renato Sitti, Remo Brindisi, Carlo Munari, Franco Solmi, Renato Guttuso e Cesare Zavattini, per citarne solo alcuni, ma è alle parole di Raffaele de Grada che affidiamo il compito di augurare lunga vita a questo Maestro dell’arte contemporanea: "Si dovrà dire: al tempo dei Beatles, dei rumoristi, dei concettuali, delle performaces, sono esistiti dei pittori che con grande sincerità e onestà hanno dipinto il volto del proprio paese e della propria gente e l’hanno fatto con la stessa serietà con cui i padri dell’avanguardia, un tempo, affrontarono tutte quelle esperienze che oggi sono decadute nel puro gioco, spesso non più divertente perché rivela la corda di una banalità che pittori come Zanellato evitano, credendo ancora e dimostrando con i loro quadri, che l’arte è cosa che nasce dalla storia e prosegue la storia".

*studioso e docente