Elezioni 4 marzo a Ferrara, Partito democratico. Ecco l’analisi della debacle

Carife, sicurezza e accoglienza migranti. Gli errori della sinistra

Le barricate di Gorino (foto archivio Businesspress)

Le barricate di Gorino (foto archivio Businesspress)

Ferrara, 7 marzo 2018 - Sicurezza, Carife e immigrazione. Sono le tre bucce di banana che hanno innescato il più colossale scivolone che il centrosinistra (e il Pd in particolare) ricordi dalle nostre parti. Tre temi scottanti (ma non gli unici) che, nel corso degli anni, hanno portato a erodere sempre di più il consenso di quella che, almeno fino a domenica, era una corazzata. Già, perché non è difficile vedere episodi ben determinati dietro alla debacle emersa dalle urne. Un voto che, in buona parte, rappresenta il grido di dolore di un territorio e un cartellino giallo verso chi finora (con poche eccezioni) lo ha amministrato. Sul podio dei nervi scoperti un posto di rilievo spetto al tema sicurezza.

In una provincia un tempo tranquilla come quella di Ferrara, l’asticella della tolleranza rispetto agli episodi di microcriminalità è più bassa che altrove. Secondo molti residenti, soprattutto in città e in particolare nel quartiere Giardino, il problema sicurezza è stato «preso sottogamba». Il riconoscimento che qualcosa non andava, non solo nel capoluogo ma anche fuori dalle mura e nelle campagne, spolpate da ladruncoli di ogni sorta e duramente provate dal caso Igor, secondo una buona fetta di elettorato è stato tardivo. In sostanza, si sarebbe chiusa la stalla quando i buoi erano già fuggiti. Vedi il dietrofront sull’ormai famigerato tema delle «percezioni» o l’arrivo dell’esercito in città, riguardo al quale il Pd locale è stato letteralmente scavalcato dai vertici nazionali (l’annuncio, si ricorderà, fu del ministro uscente Dario Franceschini che lasciò a bocca aperta molto compagni di partito ferraresi). Termometro di questo cambio di rotta in cabina elettorale è il risultato del Gad. In un quartiere esasperato da anni di spaccio, risse, prostituzione e criminalità, molti elettori, un tempo dem, si sono lanciati su Lega e Movimento 5 Stelle.

Un discorso simile si può fare per il Palaspecchi, ex tempio del degrado e madre di tutte le battaglie per la Lega. Un problema sollevato dal Carroccio nel silenzio generale e della cui soluzione tutti, da destra a sinistra, oggi si assumono il merito. La seconda ferita è quella dell’immigrazione. Il tema accoglienza ha tenuto banco, arrivando anche a contrapposizioni molto aspre. La scelte delle amministrazioni in più occasioni sono state duramente contestate, sia dall’esterno che dall’interno. Dalle barricate di Gorino per impedire l’arrivo di un gruppo di straniere passando per i blitz leghisti a Gaibanella e a San Bartolomeo. Su questo fronte, però, il Pd è stato impallinato anche dal fuoco amico. Si ricorderà la bagarre scoppiata a Codigoro, quando il sindaco Alice Zanardi ventilò l’ipotesi di alzare le tasse ai privati che ospitavano migranti. Apriti cielo. Dal Delta è poi arrivato un altro grande strappo. A gennaio, il sindaco di Lagosanto, Maria Teresa Romanini, ha lasciato il Pd sbattendo la porta e puntando il dito sulle politiche sanitarie e lavorative del partito. Capitolo Carife. La gestione della crisi della Cassa estense ha fatto scendere sul piede di guerra migliaia di famiglie rimaste ‘azzerate’ dalla sera alla mattina. Un crollo la cui responsabilità (a torto o a ragione) è stata associata al partito di governo. Ossia al Pd. Anche in questo caso, la punizione è arrivata nel segreto della cabina.