
L’ideatrice Fantini: "In dieci giorni 168 eventi, tutti partecipatissimi. È diventato un appuntamento imperdibile, anche per gente da fuori".
La quindicesima edizione del Festival del Buon Vivere è appena terminata ed è tempo di bilanci. Monica Fantini, ideatrice, come è andata quest’anno?
"Benissimo, sopra le aspettative. In dieci giorni abbiamo raccolto 168 eventi, tutti partecipatissimi. Impossibile contare le presenze e, del resto, non è una nostra priorità: sappiamo di aver reso felici tante persone che considerano il festival come un appuntamento imperdibile e che arrivano a Forlì da tutta la Romagna e anche da molte altre regioni d’Italia. In tanti ci dicono che a volte non consultano nemmeno il programma: arrivano alla Cittadella e trovano sempre qualcosa di interessante da seguire".
In tanti anni molte cose sono cambiate, ad esempio vi siete costituiti come festival, mentre altre sono rimaste uguali. Qual è la vostra ricetta?
"Un po’ quella che racconta il titolo di questa edizione: ‘Rievoluzioni’. Da un lato parliamo di quella rivoluzione che abbiamo cominciato nel 2009 portando avanti temi di pace, di lotta alla disuguaglianza e alla violenza, di ecologia e di altro ancora, dall’altro c’è l’evoluzione, ovvero quella che abbiamo fatto progredendo insieme e crescendo sempre di più. Il Buon Vivere ha due parole d’ordine: relazione e ascolto".
Il Buon Vivere coinvolge anche tante realtà del territorio.
"Ci piace dire che siamo un contenitore che amplifica esperienze: le associazioni e le realtà del territorio sono riuscite a trovare sempre uno spazio per raccontarsi e aprirsi all’esterno".
Quali sono stati gli eventi più partecipati di questa edizione?
"Sono stati tutti molto apprezzati. I laboratori per i più piccoli hanno richiamato tantissime persone. Poi c’è stata la serata con Stefano Massini che ha visto una fila lunghissima fuori dal San Giacomo, così come è successo con Galiano. Un momento molto toccante è stato quello con Gino Cecchettin: ci ha detto che non dimenticherà mai il momento al Teaching hub dove è stato accolto da centinaia di studenti dell’età di Giulia che gli hanno trasmesso tutto il loro affetto, e ancora Vito Mancuso, volto noto per gli amici del Buon Vivere… Difficile fare un elenco completo. Voglio, però, ricordare anche l’ormai tradizionale ‘Cena a impiatto zero’ che ha preso vita in via Regnoli: un momento conviviale partecipatissimo. Durante le serate abbiamo registrato sempre il tutto esaurito e, purtroppo, è capitato anche che qualcuno finisse per rimanere fuori".
Avete già idee per il prossimo festival?
"In questi giorni tanti affezionati ci stanno chiedendo ‘Chi chiamerete il prossimo anno?’. È ancora un po’ presto per dirlo, ma un ragionamento serio sul futuro l’abbiamo già fatto: ci piacerebbe organizzare qualcosa di sempre più forte e strutturato insieme alle associazioni e, perché no, forse anche diventare noi stessi un’associazione, in modo da mettere sempre più in rete le esperienze, partecipando magari anche a progetti europei, perseguendo l’obiettivo di sempre: educarci per educare".