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Davide Drei sollevato dall'assoluzione: "Un dato storico evitato"

La Corte d’Appello di Bologna assolve Davide Drei e altri per il caso stipendi gonfiati. "Serenità ritrovata dopo 8 anni d'inferno".

L’ex sindaco di Forlì, Davide Drei, nel 2016 durante un’inaugurazione al Campus

L’ex sindaco di Forlì, Davide Drei, nel 2016 durante un’inaugurazione al Campus

Davide Drei, se la Cassazione non controribalta tutto, lei non passerà alla storia come unico sindaco di Forlì con una condanna in giudicato. Si sente sollevato?

"Mi sento sollevato dalla sentenza di giovedì. Certo quel dato storico era, se vogliamo, un’aggravante".

La Corte d’Appello di Bologna ha assolto pienamente lei, Gianfranco Marzocchi e Vittorio Severi per il caso dei presunti stipendi gonfiati di Livia Tellus. Ma lei s’è mai sentito vittima di un processo politico oltre che giudiziario?

"Processo politico mi sembra un’affermazione pesante. Non ho elementi concreti che supportino questa valutazione".

Elementi no, ma sensazioni?

"Guardi... è innegabile che tra il 2015 e il 2016 le tensioni politiche fossero notevoli...".

Specie nel suo stesso schieramento, anche se la vicenda giudiziaria nasce ufficialmente con un esposto dell’allora consigliere della Lega Massimiliano Pompignoli. Insomma Drei: ritiene di essere stato vittima di franchi tiratori del suo partito?

"Ripeto: non ho elementi per dirlo. Ovvio, è agli atti che nel 2016 ci fu un turbolento rimpasto di giunta, perché la situazione all’interno della coalizione non era più sostenibile. Ma io mi fermo assolutamente a questa circostanza di cronaca".

E si gode la ritrovata serenità...

"Può dirlo forte. Sono stati 8 anni d’inferno. Ma io e gli altri due miei compagni di disavventura sapevamo di avere sempre agito nel massimo rispetto delle normative vigenti, delle procedure di amministrazione e per il bene della comunità".

Fu il nome di Marzocchi che risultò divisivo?

"Forse sì, ma non capisco davvero perché. Però è vero che all’epoca mi accorsi che su quel nome anche nel mio stesso partito c’erano valutazioni non dico ostili ma comunque fortemente dialettiche".

Tanto dialettiche che ci fu pure un ordine del giorno del suo schieramento per chiedere lumi sulle vicende di Livia Tellus: una mossa avversa, o no?

"Diciamo che fu una mossa che stava e sta nel gioco della macchina amministrativa".

Come si sentì dopo la condanna di primo grado?

"Malissimo. Ero molto deluso, ero certo che tutti e tre avessimo agito nella legge".

Era certo anche che sarebbe stato assolto in Appello?

"Beh proprio certo non direi. Ma avevo buoni presentimenti. Vedevo come lavoravano gli avvocati, percepivo che i giudici erano attenti alla situazione...".

Fosse arrivata sei mesi fa questa sentenza si sarebbe candidato alle Regionali: o no?

"Eh... chissà...".

Le sarebbe piaciuto?

"Mah guardi... diciamo che la politica la seguo sempre molto attentamente, anche se ora sono tornato ad occuparmi del mio settore, quello del sociale".

Adesso tornerà a farla, la politica?

"Guardi... vediamo...".

Chi l’ha chiamata dopo la sentenza?

"In tantissimi. Grandi attestati di stima".

Nomi?

"Beh mi ha chiamato de Pascale, Allegni, il sindaco di Forlì Zattini. E tanti altri. Ringrazio tutti".

Ancarani?

"Ancora no".

Rifarebbe tutto?

"Sì... ma ho un rammarico...".

Ah, e quale?

"No, non riguarda la mia azione politica. Riguarda mio padre. Lui mi ha sempre supportato in questa vicenda. Credeva in me. Purtroppo però tre anni fa è mancato. E non ha avuto la possibilità di vedere che anche per la legge suo figlio è una persona onesta".

Maurizio Burnacci