"Dottoressa Pedri, un martirio professionale Noi medici pronti a costituirci parte civile"

Il presidente dell’ordine Michele Gaudio: "Se le accuse saranno dimostrate, in quel reparto accadeva qualcosa che danneggiava i colleghi"

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di Luca Bertaccini

"Me la ricordo bene, la dottoressa Pedri. La incontrai nel 2015, quando, come Ordine professionale, premiammo i colleghi anziani e i neo-laureati, che si avviavano alla specializzazione". Il dottor Michele Gaudio è il presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia. Anche in lui è viva l’emozione per la vicenda della scomparsa, esattamente un anno, della 32enne Sara Pedri, forlivese che lavorava nel reparto di Ginecologia dell’ospedale di Trento.

Dottore, come è possibile?

"Ricordo perfettamente la dottoressa Pedri perché dopo la laurea e l’ingresso nell’ordine professionale, durante la cerimonia chiedo a ogni laureato cosa vuol fare da grande. Solitamente i giovani o non lo sanno, o rispondono con incertezza".

Invece, Sara?

"Mi disse ’voglio fare la ginecologa’, senza titubanze. Vedere il suo entusiasmo fu molto bello. Io, da anatomopatologo, pensai ’sarebbe bellissimo se decidesse di diventare anatomopatologa’, e per un attimo pensai di dirglielo, di farle cambiare idea. Non lo feci. In lei vidi tanta decisione".

In base a quanto sta emergendo dalle indagini interne e da quelle della procura di Trento, sembra che Sara abbia sofferto pesantemente il clima di pressione all’interno dell’ambito lavorativo. Come vivete la quotidianità, voi operatori della sanità?

"La condizione lavorativa del personale sanitario e medico è particolarmente impegnativa e stressante. Il tutto è stato complicato da questi due anni di Covid. Vivono maggiori difficoltà coloro che entrano nelle scuole di specializzazione e che dunque devono sia fare assistenza ai pazienti che formarsi. La dottoressa aveva terminato questo periodo appena prima di andare a Trento".

Da quanto emerso attraverso gli organi di informazione, che idea si è fatto della vicenda?

"Posto che tutte le accuse devono essere confermate, in senso generale chi si rapporta a giovani colleghi deve farlo in modo idoneo e ragionevole. Leggendo le cronache, sono rimasto incredulo rispetto alla gestione dei reparti dove ha lavorato la dottoressa Pedri; avrebbero creato un ambiento lontano dal benessere organizzativo".

La situazione era questa anche in passato?

"No. Io lavoro da 40 anni nel Sistema sanitario nazionale. Ai miei tempi i primari erano degli dei in terra, avevano ’potere di vita e di morte’ sul personale. E questo era lo standard. Ecco perché sono rimasto negativamente sorpreso da quanto letto. Tanto più che specializzandi e neo-strutturati sono una risorsa per il futuro. Vanno tutelati, perché un professionista ben formato ’dura’ 40 anni. Aggiungo che, come Ordine dei Medici, abbiamo deciso che non cancelleremo mai la dottoressa Pedri dal nostro albo".

Si spieghi.

"Ho deciso di mantenere la dottoressa Pedri nella nostra comunità. Naturalmente fino ad oggi non è stata cancellata dall’albo né per decesso, né per morosità. A breve firmerò una delibera per fare in modo che la dottoressa Pedri resti per sempre iscritta all’Ordine. Un’altra cosa: mi sono sentito col collega presidente dell’Ordine dei Medici di Trento, per valutare di costituirci parte civile in un eventuale processo".

Per quale motivo?

"Rpeto: tutto deve essere provato. Ma se quanto accaduto dovesse corrispondere al vero, si tratterebbe di un danno alla nostra professione. Non so quanto la giustizia penale possa fare. Mi auguro piuttosto che la giustizia ordinistica prenda provvedimenti".

Parla di sospensioni e simili?

"Chi maltratta i colleghi non può fare il medico. Quando mi interfaccio con gli specializzandi o dei giovani, cosa che faccio anch’io, mi interfaccio con dei professionistri a tutti gli effetti, non con dei sottoposti. La dottoressa Pedri ha subìto un vero e proprio martirio professionale. Credo che, mi perdonino i credenti, vada professionalmente santificata".