Il raid si consuma a mezza sera. Nel cuore di Forlì, corso Mazzini, che s’innesta su piazza Saffi, area baricentrica, col municipio che svetta. Poco dopo le 22 di martedì un uomo che assiste alla presentazione d’un libro (con un centinaio di presenti) s’accorge d’un gruppetto, dal quale si sgancia una sagoma che poi appende qualcosa su una vetrina. È l’inizio della trama: una distesa di poster (una trentina in tutto) definita poi, da istituzioni, partiti e associazioni, di "matrice razzista", sta infestando Forlì. Manifesti affissi in centro storico su muri, campane per la raccolta dei rifiuti, bacheche e vetrine di negozi, specie di quelli etnici; soprattutto kebab. "Basta Feccia. Difendi la Romagna". Locandine rettangolari, base nera, scritte in giallo e bianco. In mezzo al delirante slogan, campeggia la stilizzazione di un’arma, che appare una via mezzo tra un pugnale e una pistola.
L’allarme lanciato immediatamente – ancora con il raid in corso – fa catapultare in corso Mazzini volanti della questura e gazzelle dei carabinieri. L’orda dei distributori di volantini s’è dileguata. I manifesti in poco tempo vengono estirpati. E già ieri mattina la Digos identifica, grazie alla videosorveglianza cittadina, gli autori del raid. Una decina di persone. Tutti uomini, tra i 25 e i 50 anni. Forlivesi. Tutti già noti agli inquirenti, e tutti gravitanti nell’orbita "della destra estrema". Sono quelli che non appena c’è una manifestazione, scendono in piazza. E agiscono "da provocatori", rimarcano gli inquirenti. Secondo fonti investigative autorevoli, si tratta di "individui sciolti", non organici a nessuna organizzazione partitica o politica. Ma sono "attivisti instancabili", che si organizzano "sul momento, in occasione di raduni a carattere socio-politico, in rapidi collettivi" che hanno lo scopo di "istigare la folla". Cinque di loro sono stati già formalmente identificati. Per l’altra metà il riconoscimento ufficiale avverrà nelle prossime ore. Al momento però, sul lato investigativo, non viene contemplata l’ipotesi della commissione di reati congiunti all’odio razziale. Almeno per ora, l’ipotesi è che la decina venga sanzionata in via pecuniaria per "affissione abusiva". Nella stesse ore di martedì si registra un blitz identico a Cesena, con una ventina di manifesti appesi nell’area dell’ex Zuccherificio.
L’attacco al centro storico di Forlì non è un caso. Da un anno il quartiere fulcro della città è bersagliato da episodi di violenza spesso innescati da stranieri privi di permesso di soggiorno. Il più grave dei fatti è del giugno dell’anno scorso; una lite divampata proprio a ridosso di piazza Saffi; uno dei protagonisti, armato di machete, per un pelo non colpisce alla testa un suo rivale. L’uomo poi viene catturato per tentato omcidio. Ma nel corso dei mesi gli accadimenti, anche se di minor grado, si sono moltiplicati, innescando il malcontento dei residenti.
Sul fronte delle reazioni politiche, però, non ci sono dubbi: "Si tratta di un attacco razzista". La presa di posizione più dura, e immediata, arriva dal sindaco, Gian Luca Zattini, rieletto lo scorso giugno, e sostenuto da una lista civica e da partiti di centrodestra. "La feccia siete voi che avete compiuto questo gesto. Non resterete impuniti. Ho già dato mandato all’avvocatura del Comune di fare una denuncia". Ecco, forse con la querela di Zattini lo scenario investigativo potrebbe cambiare. E a Zattini fanno eco sia il Pd sia le varie associazioni di categoria: "Volantini orribili, no all’odio razziale", è il coro univoco che scuote la città.