
Due le possibilità: conti correnti vincolati per i finanziamenti oppure sarà la banca a pagare i fornitori. Ieri al Villa Romiti il colonnello La Torre ha risposto ai dubbi, ancora numerosi, dei cittadini.
È stata una platea piena ad accogliere la struttura commissariale, ieri pomeriggio al palazzetto dello sport dei Romiti: non è il primo incontro organizzato per rispondere ai dubbi degli alluvionati e dei periti che si occupano delle loro domande di rimborso, ma le questioni aperte sono ancora tante. Ad aprire l’incontro è stato il colonnello Carlo La Torre, uno dei più stretti collaboratori del generale Francesco Paolo Figliuolo, che ha presentato due importanti novità, ovvero l’imminente uscita di tre nuove ordinanze: una sulla delocalizzazione, l’altra riguarda il credito d’imposta e l’altra apre la piattaforma Sfinge anche alle domande inviate da enti del terzo settore.
La ‘delocalizzazione’ riguarda i casi ("una ventina in totale", ha sottolineato La Torre) in cui un immobile sia stato distrutto o gravemente danneggiato dall’alluvione di maggio 2023 al punto da non poter più essere ripristinato o ricostruito nello stesso luogo. "Si avrà diritto a un indennizzo che consentirà di comprare un terreno in cui ricostruire l’abitazione, oppure un appartamento già esistente". Al Villa Romiti c’era presente una degli interessati: "Io sono di Predappio e la mia casa è inagibile sotto una frana. Sarò tenuta a rimanere ad abitare nello stesso Comune?". La risposta del colonnello è pronta: "Se sceglierà di comprare un appartamento già esistente deve rimanere nello stesso Comune, altrimenti può spostarsi anche altrove".
Per quanto riguarda, invece, il credito d’imposta, i fondi arriveranno su conti correnti bancari vincolati dai quali si potrà prelevare denaro come finanziamento agevolato oppure far pagare dalla banca direttamente i fornitori. La Torre, poi, passa a toccare un tema delicato, ovvero il contributo previsto per i beni mobili: "I 6mila euro che vengono riconosciuti come massimale sono pochi, non voglio girarci attorno, ma quelli sono. Una cosa, però, va detta: gira voce che da quei 6mila vengano decurtati i soldi del Cis, ma non è così".
Poi fa chiarezza: "Se con i fondi del Cis si è acquistata la cucina, ma manca ancora qualcosa, mettiamo il forno, ecco che quello si potrà acquistare tramite il fondo per i beni mobili. L’unico vincolo è quello di non comprare gli stessi materiali già acquistati con il Cis". Il colonnello previene, poi, eventuali polemiche: "Dicono che la prassi di Invitalia sia quella di tagliare il 50% delle pratiche. Non è così: viene applicato ciò che è scritto nelle ordinanze. Se la pratica è corretta paghiamo il 100% di ciò che è ammissibile a contributo, solo che spesso ci sono degli errori che portano a decurtare la somma".
Presto l’incontro si trasforma in un dibattito (molto partecipato) tra il pubblico e La Torre, una sorta di ping pong in cui i toni variano a seconda dell’interlocutore: c’è chi mantiene la calma, chi si emoziona, chi perde le staffe. La Torre risponde a tutti in maniera spesso confidenziale, domestica, ma non indulgente. C’è chi parla della sua pratica, lamentando un taglio ingiusto della cifra accordata rispetto a quella richiesta ("la analizza un team di tecnici, se ci sono errori verranno corretti", la replica), c’è chi punta il dito sui tempi troppo lunghi ("se le domande sono ferme da questa estate vuol dire che c’è qualcosa che non va, allora devono essere ritirate e inoltrate di nuovo, corrette") e chi pone quesiti su complesse dinamiche condominiali.
Tra tutti, un intervento esce dai tecnicismi: "La nostra domanda è andata a buon fine, ma non abbiamo ancora iniziato i lavori perché questo autunno siamo stati alluvionati di nuovo e con questo spirito, con il terrore ogni volta che piove, non viene proprio voglia di dare il via ai cantieri". La Torre risponde: "Se l’anno di tempo non vi è sufficiente non c’è problema, basta chiedere una proroga". La risposta è corretta, ma quello che inevitabilmente rimane fuori è un mondo: quello difficile, pieno di incertezze e paure, nel quale da oltre un anno sono costretti a vivere gli alluvionati.