Madonna con Bambino da ammirare La storia del quadro ’dimenticato’

Opera del maestro Montevecchi, risale al 1916. È stata valorizzata e ora è esposta nei locali del Municipio

Madonna con Bambino da ammirare  La storia del quadro ’dimenticato’

Madonna con Bambino da ammirare La storia del quadro ’dimenticato’

È una lunga storia quella dell’affresco della Madonna con Bambino, custodito dentro una graziosa edicola di castagno, appeso a pochi passi dall’ufficio del sindaco Alberto Baldazzi nel piano ammezzato di Palazzo Alidosi a Castel del Rio.

L’opera, dell’altezza di circa un metro per 70-80 centimetri di larghezza, è stata realizzata da Amleto Montevecchi nel 1916. "In origine era posizionata all’interno dell’ingresso del cimitero del capoluogo alidosiano – racconta il primo cittadino –. Immaginiamo che, in seguito ai danni subiti dal camposanto durante i bombardamenti effettuati dagli Alleati nel corso della Seconda guerra mondiale che distrussero il vicino ponte, il dipinto fu messo in salvo con il trasporto dentro a Palazzo Alidosi".

È qui, infatti, che la Madonna con Bambino riemerse negli anni Ottanta. "Era tenuta in disparte senza alcun tipo di valorizzazione – continua Baldazzi –. La sua nuova vita, con annessa prima idea di datazione, coincise con i lavori di riqualificazione del Cortiletto delle Fontane attorno al 2004-2005. Un intervento di ristrutturazione dell’angolo sud del palazzo, realizzato anche grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola". Risale a una quindicina d’anni fa, infine, l’attuale posizionamento non distante dall’ufficio tecnico del Comune e dalla sede della Banda Sant’Ambrogio di Castel del Rio.

"Un dipinto molto gradevole e di pregevole fattura tecnica – analizza il sindaco del paese dell’alta vallata del Santerno –. Tracce del passaggio di Montevecchi sono presenti anche a Imola e in altre località circondariali". Montevecchi, nato a Imola nel 1878, frequentò inizialmente l’istituto d’arte e mestieri sulle rive del Santerno prima di iscriversi all’Accademia di Belle arti di Bologna. Un periodo di studi insieme a Ferri, Malagodi e Gordini al cospetto di ‘giganti’ come Murri e Carducci. Il 1899 fu l’anno dell’abilitazione all’insegnamento del disegno. Ma anche del suo coinvolgimento attivo nelle vicende artistiche felsinee con le amicizie strette con Alfredo Protti, Giovanni Grandi, Gualtiero Pontoni, Filippo Beghelli e altri artisti emiliani. Nel 1905 assistette Domenico Ferri nelle decorazioni ad affresco all’interno della chiesa della Maddalena in via Zamboni e nel Palazzo Ginnasi a Imola. Entrò a far parte del ‘Cenacolo Baccariniano’, un gruppo di pittori, scultori, incisori, ceramisti che a Faenza ruotavano attorno alla figura di Domenico Baccarini. Alla morte di quest’ultimo, si unì in matrimonio con la ‘Bitta’, già compagna e musa dello stesso Baccarini.

Successivamente il suo trasferimento a Forlì e gli anni di lavoro per la prestigiosa Fabbrica Minardi di Faenza. Dopo la guerra, con il ritorno a Bologna, si aprì per l’artista una fase di intenso fervore creativo. Riprese la didattica all’Accademia e lavorò come ritrattista e cartellonista. Nel 1920 fondò il Sindacato degli artisti. Una presenza fissa nelle rassegne d’arte della ‘Dotta’ e in Romagna. Eseguì, inoltre, alcune notevoli decorazioni in edifici di culto sul territorio. Morì a Lugo nel 1964.

Mattia Grandi