Sono un turista che per sedici anni ha frequentato la Val di Sole, poi ho dovuto soprassedere per problemi familiari e quest’anno sono tornato. Non ho trovato il solito ambiente, la sera in pochi uscivano all’aperto, in pochi facevano passeggiate nel bosco, ma soprattutto molte persone erano preoccupate per la presenza costante e continua dell’orso. Mi sono reso conto che l’introduzione dell’orso non aveva per niente tenuto conto dell’ambiente antropizzato. Ho voluto documentarmi ed ho letto lo Studio di fattibilità per la reintroduzione dell’Orso bruno (Ursus arctos) sulle Alpi centrali realizzato con il contributo del Parco Adamello Brenta del 2000 dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica .
Presto mi sono reso conto che nello studio di fattibilità che prevedeva la diffusione dell’orso in tutte le Alpi, non avevano tenuto di conto della struttura antropizzata dell’ambiente costituito da montagne e valli percorse da strade, ferrovie e con la presenza di numerosi paesi ed infrastrutture...in poche parole lo studio aveva fatto una valutazione che non teneva conto della realtà. Ma anche se non fosse valida la mia analisi rimane il fatto che prevedeva, questo studio, che sarebbero rimasti nell’area non più di 50 orsi e non quelli che oggi vediamo. E’ chiaro che debba essere rivisto questo studio da persone competenti per capire cosa è stato sbagliato e come rimediare a questo errore prima che ci scappi un altro morto. Se non si rivede questa programmazione la montagna perderà risorse utili e per introdurre l’Orso si distruggerà la montagna che necessita di interventi pubblici e quindi di risorse pubbliche per mantenersi. Comunque il popolo e chi vive della montagna deve decidere ed io consiglio di ridimensionare a 50 le unità degli orsi nel territorio con il trasferimento del sovrannumero e la sterilizzazione programmata per mantenere la popolazione sotto controllo.
Giovanni Garzella