Francesco Bianconi: "Sono sceso nel mio Abisso"

Il frontman dei Baustelle, senza band, a ‘Musicultura’ anticipa il suo ultimo album legato alla pandemia

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di Lorenzo Monachesi

"A Macerata sarà la prima volta sul palco solo come Francesco Bianconi (foto). Sentivo l’esigenza di stare di fronte al pubblico senza lo schermo della band: sarà bello". Il cantautore, musicista, scrittore e frontman dei Baustelle non vede l’ora di essere allo Sferisterio dove sabato darà un assaggio del nuovo album Forever alla serata finale di Musicultura; domani alle 18.45 sarà nel cortile di palazzo Buonaccorsi per un incontro con John Vignola.

Bianconi, restare chiusi in casa è stata un’occasione per dare sfogo all’ispirazione o un freno alla mancata libertà?

"La seconda. È stato doloroso sul piano creativo: mi sono sentito impotente, senza stimolo".

Il lockdown, un momento per scendere nell’abisso di sé?

"Quello sì, non avevo voglia di cantare ma ho continuato a pensare, perché anche prima ero sceso nell’abisso di me. Il disco che uscirà è una sorta di autoanalisi. La pandemia è stata l’occasione per continuare quel percorso in cui ho pensato a me, ai cari, alle cose vere, al superfluo".

L’Abisso è il titolo di una canzone dell’album Forever, qual è il filo che lega i brani?

"Non c’è. Con i Baustelle per facilitarmi la scrittura mi davo un tema, invece queste canzoni sono nate senza una cornice. Ho scritto di getto cose che forse erano intime, personali".

Insomma è qualcosa di nuovo.

"Forse con i Baustelle era un po’ più freddo, una scrittura più precisetta, un lavoro di cesello. Qui vengono da un abisso, non sono mai stato così diretto".

Quando ha scritto questi brani?

"Quasi in tre mesi a partire da autunno".

L’attacco del brano Il bene fa pensare al lockdown.

"È vero, pensando che ho scritto ‘Non è tempo di cantare, alterare la realtà’, ma a volte si scrivono cose adatte a tutte le tragedie".

Cosa vede di nuovo nel 2000 quando i Baustelle hanno pubblicato Sussidiario illustrato della giovinezza?

"Eravamo dei ragazzi molto determinati, non pensavamo al successo, ci interessava il suono, certi strumenti e non altri".

E adesso?

"Ora conta lo ‘spaccare subito’, noi abbiamo vissuto gli ultimi momenti in cui si riusciva a campare con la musica. Adesso c’è un meccanismo tale per cui i ragazzi ci provano, o cambiano mestiere. Avevamo il lusso di poterci permettere più sperimentazione, ora la musica è provarci, passare da un programma che ti offre maggiore visibilità. Magari va bene così, però ai miei tempi, anche se mi sembra di parlare da matusa, c’era questo ma anche altro".