San Severino, Federica Coccettini da chef a carbonaia. "Salvo la tradizione"

San Severino, la storia di una 33enne del Maceratese: è il lavoro di famiglia da quattro generazioni

Federica Coccettini

Federica Coccettini

San severino (Macerata), 14 ottobre 2019 - Una strada impervia, in alcuni tratti sterrata che da San Severino, piccolo paese in provincia di Macerata, sale verso la frazione di Sant’Elena. Qui tra i boschi si apre la proprietà della famiglia Coccettini che, da quattro generazioni, porta avanti la tradizione dei carbonai, dal taglio della legna, fino alla raccolta e all’imbustamento dei pezzi. Una passione nata dal bisnonno Angelo che, grazie alla vendita del carbone, sfamava la sua famiglia. Ora è nelle mani della giovane Federica che, a 33 anni, ha deciso di mettere da parte, almeno per ora, il cappello da chef (anzi da agri-chef, come precisa lei) per tramandare la tradizione. Federica ha imparato tutti i segreti del carbonaio semplicemente guardando il padre Angelo che, ancora oggi, dopo oltre 40 anni di attività, non rinuncia a fare alcuni passaggi: l’accensione della carbonaia, infatti, spetta unicamente a lui. Ma il sogno di Federica è di poter utilizzare quel carbone nel grande forno del suo agriturismo a «centimetro zero», da aprire al massimo entro due o tre anni.   

Un diploma all’istituto Alberghiero, che l’ha portata a girare come cuoca in diverse attività del nord e del centro Italia. Poi, quattro anni fa, Federica Coccettini ha deciso di tornare a casa, nell’azienda di famiglia, per portare avanti una tradizione che rischiava di perdersi. E oggi è la più giovane carbonaia del Maceratese e, forse, anche oltre.  

Perché ha deciso di mettere da parte la sua passione per la cucina per fare la carbonaia? «È un mestiere faticoso, ma di grande tradizione che rischia di perdersi. La mia famiglia ha sempre fatto questo lavoro, a partire dal bisnonno Angelo, poi vedere mio padre con quanta dedizione prepara ancora il carbone mi ha appassionato. La cucina, però, non l’ho abbandonata, perché continuo a cucinare per le sagre di paese e sto lavorando per aprire un agriturismo».  

La vostra famiglia possiede anche 30 ettari di bosco, per cui vi occupate anche del taglio e della raccolta della legna che verrà bruciata. «Mio padre taglia tutti i tronchi e, grazie all’aiuto di mia madre Claudia, li accatastiamo vicino casa. Per realizzare la ‘cotta’, come viene chiamata in dialetto la carbonaia, poi, tutti i tronchi devono essere tagliati della stessa misura».  

Nella realizzazione della carbonaia nulla viene lasciato al caso... «No, la cotta va costruita in maniera precisa, perché il legno si deve cuocere in maniera uniforme. Per prima cosa viene realizzato il camino, cioè la canna fumaria da cui si farà partire la combustione, intorno vengono disposti in cerchio i tronchetti, fino a formare una sorta di capanna rotonda, che poi sarà coperta da uno strato di paglia e da uno strato di terra, che servono a ridurre al minimo l’aria all’interno e permettere una combustione lenta senza fiamma».  

Ma quanto tempo occorre per trasformare la legna in carbone? «È un lavoro minuzioso che dura all’incirca una settimana e, quando la carbonaia è accesa, non può essere persa di vista nemmeno per un momento, tanto che mio padre ha allestito una roulotte, da cui può controllare la combustione anche di notte, per evitare che si possano sprigionare delle fiamme che vadano a rovinare il carbone».  

Quanti quintali di carbone producete ogni anno? «Ogni carbonaia è composta da circa 50 quintali di legna che, bruciando, producono 10 quintali di carbone. Ogni anno riusciamo ad allestire una decina di carbonaie».  

Quindi il mercato del carbone ancora non è scomparso? «No, noi vendiamo a diversi agriturismi, alle cooperative e anche nei mercati di Campagna amica, realizzati dalla Coldiretti nel territorio maceratese. Poi spero di usarlo presto anche nel mio agriturismo».  

Il suo sogno resta quello di tornare in cucina? «La cucina è sempre stata e resta la mia grande passione. Ho imparato guardando mia madre e mia nonna, poi con gli studi all’albeghiero di Cingoli ho avuto una formazione importante. Mi piace cucinare e riproporre le ricette antiche del nostro territorio, per questo sto lavorando per aprire entro due-tre anni la mia attività, anche grazie al sostegno della Coldiretti. Allestirei un orto e mi occuperei della gestione degli animali, poi grazie a molte aziende produttrici locali potrei inserire prodotti tipici per un agriturismo centimetro zero».

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