Coronavirus, rientrati dalla Cina. "Stiamo bene, resteremo chiusi in casa"

I lavoratori della G.B Service di Castelraimondo: "E' solo precauzione, non vogliamo passare per appestati"

Ecco i tre operai tornati dalla Cina

Ecco i tre operai tornati dalla Cina

Macerata, 3 febbraio 2020 - Sono tornati a casa. I cinque uomini della G.B. Service di Castelraimondo ieri mattina sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino; tra loro c’è il 44enne matelicese Fabrizio Galdelli, uno dei soci della ditta, con il ruolo di tecnico commerciale. Racconta com’è andato il viaggio, spiegando quali controlli vengono effettuati e cercando di tranquillizzare i concittadini. Nei giorni scorsi ha lavorato con i suoi «ragazzi» (come il 36enne Federico Copponi e il 33enne Mirko Pelati, anche loro di Matelica) a Jiangmen, nella Cina meridionale, a 1.100 chilometri in linea d’aria (ovvero un paio d’ore di volo) da Wuhan, la città isolata epicentro dell’epidemia di Coronavirus. L’azienda produce macchine e impianti speciali per automazione e opera in tutto il mondo. Galdelli, da dove siete partiti?  «Dall’aeroporto di Guangzhou. Abbiamo passato i controlli sanitari senza problemi. Oltre a misurarci la temperatura corporea quattro volte, ci hanno misurato la pressione, guardato nelle orecchie e auscultato il torace; hanno voluto sapere dove eravamo stati, ovvero in quale città, hotel, fabbrica e ristorante. Immagino abbiano chiamato qualcuno dell’hotel in cui stavamo per avere conferma. Alla fine ci hanno rassicurato che nella zona in cui siamo stati e per quello che abbiamo fatto, il rischio è bassissimo per non dire nullo. Nell’area in cui siamo stati si sono registrati due casi su un bacino complessivo di cinque milioni di persone, tra l’altro lontane una cinquantina di chilometri da noi».

LEGGI ANCHE Due casi sotto osservazione  Com’è stato il rientro?  «Abbiamo fatto scalo a Dubai. Ci hanno ricontrollato la temperatura due volte e anche lì abbiamo fatto un colloquio. All’arrivo a Fiumicino, invece, non ci hanno ricontrollato, anche perché eravamo sempre gli stessi. Immagino che si sentano tra aeroporti se c’è qualche criticità. Durante il volo indossavamo tutti la mascherina. A Dubai ci hanno spiegato che il virus si trasmette specialmente tramite tosse, starnuto, muco/saliva e quindi la temperatura è un buon sistema di controllo: è la prima a salire. Da dove proveniamo noi il rischio è irrisorio. Tuttavia per evitare qualsiasi rischio sul territorio e a livello aziendale ci siamo organizzati: osserveremo tutti e cinque il protocollo cautelativo dello stare in casa per il periodo di incubazione, come suggerito dalle linee guida dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità». Quali precauzioni adotterete?  «Rimarremo a casa tra i dieci e i 14 giorni. Io ad esempio ho un appartamento vuoto sotto la mia abitazione e rimarrò lì, con il cane. Ho una moglie e una figlia. Chi non ha un appartamento da solo si è fatto lasciare una camera, in cui resterà separato. Tutte le nostre famiglie, comunque si sono munite di disinfettante e mascherina». Come vi sentite psicologicamente?  «Bene. Non è obbligatorio seguire questa sorta di «quarantena», ma lo facciamo per scrupolo di coscienza. Non vogliamo passare come gli appestati e non vogliamo creare né allarmismi né psicosi. Così, a livello precauzionale, abbiamo scelto questa via. Siamo ovviamente contenti di tornare a casa e riabbracciare i nostri cari. In questo periodo sono stati preoccupati più loro». L’azienda lavora tanto in Cina. Quando tornerà?  «Là abbiamo un bacino enorme, per ora non abbiamo programmato quando torneremo. Ma sarà non appena finita l’emergenza».