Coronavirus Macerata, nonna Peppina. "La pandemia? Peggio della guerra mondiale"

L’angoscia di nonna Peppina, 97 anni, simbolo del terremoto: "Non vedo le mie figlie, non mi viene a trovare nessuno. Prego, sempre"

Peppina Fattori, 97 anni: ha vissuto la seconda guerra mondiale, ora la pandemia

Peppina Fattori, 97 anni: ha vissuto la seconda guerra mondiale, ora la pandemia

Macerata, 18 aprile 2020 - «Questo virus, e ciò a cui ci costringe, è peggio della guerra". Giuseppa Fattori, per tutti Peppina, classe 1922, di Fiastra, ne ha passate di tutti i colori: è stata divisa per quattro anni, durante il secondo conflitto mondiale, dall’uomo che poi diventò suo marito. Peppina ha visto morire due figli ancora piccoli, Amedeo e Maria, con il terremoto la casa le è crollata davanti agli occhi, ha perso i ricordi che vi erano custoditi e ha vissuto la paura delle scosse continue e poi quella, più grande, di non poter più abitare nella sua terra. Peppin abita tuttora nella sua casetta di legno. Ed è qui, dopo quasi un secolo di avventure, che si trova confinata per via dell’epidemia Covid, insieme con l’amica Gina che si prende cura di lei. "Siamo felici che la mamma sia lì, al sicuro dal contagio e nel posto in cui vuole stare – nota la figlia Gabriella Turchetti -. Non vogliamo neanche immaginare cosa sarebbe accaduto se fosse stata in una casa di riposo. Per quanto difficile, questo periodo può considerarsi privilegiato, mettiamo via la fretta e ci riappropriamo del tempo". Peppina, come vive questo periodo di isolamento? "Ringrazio Dio perché ancora riesco a tirare avanti, ma ho molti acciacchi. Del resto tra qualche mese compirò 98 anni. La mattina mi sveglio alle sette e ascolto la messa del Papa. Quando recito le preghiere, chiedo a Dio di chiamarmi presto a sé, e ricordo sempre chi non c’è più". Poi cosa fa? "Se il tempo lo permette faccio due passi fuori, prendo un po’ di sole. Gioco a briscola con Gina, dice che vinco sempre io ma non è vero. Guardo la televisione, mi piacciono i dibattiti politici. All’orto non vado più. La spesa la porta mio genero, ogni dieci giorni circa. Di viveri ne abbiamo in abbondanza". Peggio la guerra della pandemia? "Gli anni della guerra sono stati brutti, e sono accaduti fatti talmente tristi che non ho la forza di raccontarli. Non ho potuto vedere l’uomo di cui ero innamorata, che poi diventò mio marito, per quattro anni, faceva il servizio militare ed era in Africa, ci scrivevamo delle lettere". Ce le ricorda queste lettere? "Non le ho più, perché molti ricordi erano nella casa ora distrutta dal sisma e non so che fine abbiano fatto. Ovunque durante la guerra c’era sofferenza, c’era moltissima miseria. Ma io ero giovane, avevo vent’anni, stavo imparando il mestiere di sarta e la guerra non mi faceva paura. Abbiamo sofferto, ma almeno si poteva stare insieme, e bastava avere un pezzo di terra per vivere in modo dignitoso". Adesso? "Adesso invece non ci si può muovere. È impossibile pensare di andare avanti così, con gli spostamenti vietati da Comune a Comune. Ciascuno, da solo. E poi c’è il rischio del contagio. Anche questa è una guerra, ed è peggio dell’altra. Non vedo le mie figlie da mesi, a parte in videochiamata, e non viene più nessuno a trovarmi. Non ho paura del virus, questo no".  

Cosa chiederebbe, se ora potesse esprimere un desiderio? "L’emergenza sanitaria mi ha segnato molto. Non so se vedrò la fine di tutto questo. Chiedo al Signore che ci dia la forza e la pazienza per sopportare. Ci eravamo abituati troppo bene, con mille comodità. E invece Dio manda cose belle e brutte, e dobbiamo sapere accettare entrambe. Io, intanto, sono felice di stare qui. A casa mia. È il posto in cui devo stare".