Ferite difficili, a Macerata un reparto all'avanguardia. "Curiamo così piaghe e ustioni"

Il dottor Sigona: centinaia di pazienti ogni anno

Il dottor Marco Sigona si occupa di ferite difficili

Il dottor Marco Sigona si occupa di ferite difficili

Macerata, 22 agosto 2019 - Piaghe da decubito, piede diabetico, problemi di circolazione, ustioni: ci sono tantissimi casi di ferite difficili, molto invalidanti e penose. Ma a Macerata esiste uno dei pochi reparti specializzati nella terapia di queste lesioni. E spesso la cura è risolutiva, e cambia letteralmente la vita a chi combatteva contro queste piaghe. «È stato questo risvolto sociale a spingermi ad approfondire il problema delle ferite difficili – spiega il responsabile dell’unità operativa, il dermatologo Marco Sigona –, scoprendo un mondo che aveva bisogno di assistenza». Diversi lettori hanno segnalato l’ottimo funzionamento del reparto, istituito dal direttore generale Alessandro Maccioni nel giugno del 2017 e coordinato dal primario della dermatologia, Marco Simonacci.

Chi sono i pazienti di questo reparto?

«La nostra Area Vasta – risponde il dottor Sigona – eroga circa 5mila medicazioni all’anno, e prendiamo in carico alcune centinaia di nuovi pazienti ogni anno. Sono molti anziani, ma anche giovani. Le patologie più frequenti sono le piaghe da decubito, le ulcere alle gambe per problemi vascolari, il piede diabetico, le patologie tumorali e le ustioni. Ci sono delle persone che combattono contro queste ferite per anni, rivolgendosi al medico di base o al chirurgo, o al dermatologo, senza però un approccio mirato al problema».

Che invece esiste?

«Certo, trattata da una branca della medicina chiamata vulnologia. Secondo gli studi, il 3 o 4 per cento della popolazione sopra ai 65 anni ha un’ulcera cutanea cronica; e le donne, con un rapporto di 3 a 1, sono le più colpite. Secondo le ultime stime, due milioni di persone in Italia sono alle prese con questo problema; l’impatto complessivo ecomico è superiore al miliardo e mezzo di euro. E le medicazioni sono a carico del paziente. Questo aspetto sociale delle ferite difficili mi ha molto colpito. Quando con gli infermieri visitiamo le persone a casa, spesso troviamo situazioni di grande disagio: moltissimi malati non hanno le risorse per affrontare la cura di queste piaghe, e ne soffrono per anni in maniera penosa, con visite frequentissime e pochi risultati. Ma oggi ci sono linee guida internazionali per le ferite difficili. E tra l’altro le Marche hanno un tavolo tecnico coordinato da me, per la stesura di un percorso mirato per questi pazienti».

Dove si trova l’unità operativa?

«Il centro ferite difficili dell’Area Vasta è a Tolentino, un ospedale scelto perché baricentrico e perché da rilanciare dopo il terremoto. Poi ci sono gli ambulatori a Macerata e a Civitanova, dove operano il medico vulnologo e infermieri specializzati con master universitari in wound care. All’interno ci sono solo ambulatori, ma cerchiamo di raggiungere tutti i pazienti, magari con le consulenze di telemedicina: usiamo anche WhatsApp per chiedere pareri».

Cosa si potrebbe migliorare?

«Si potrebbe investire di più, anche con le risorse umane. Poi si potrebbero migliorare i percorsi di rete per rendere più concreto l’aspetto multidisciplinare, con il chirurgo, il diabetologo e l’alimentarista. L’unità operativa, poi, potrebbe essere più coinvolta anche nella prevenzione delle piaghe da decubito, sulle quali l’Area Vasta lavora molto, ma che sono ancora un problema, che causa poi delle richieste risarcitorie».