Il cuoco del Mancio: "Piatti da campioni"

Lo chef Mauro Santori di Apiro per due anni al Manchester City al seguito del ct azzurro. "Ho portato i vincisgrassi in Inghilterra"

Migration

di Lorenzo Monachesi

"Se Roberto Mancini dovesse allenare all’estero e mi chiamasse ancora a cucinare per la squadra, partirei subito". Mauro Santori, chef di 49 anni di Apiro, è il titolare del ristorante "I ponti" di Cingoli e ricorda molto bene le due stagioni al Manchester City. "Ci sono stato dal 2011 al 2013 – racconta – mentre Mancini era arrivato un anno prima". Santori, come è riuscito a cucinare per i giocatori del Manchester City?

"Tutto è nato su iniziativa di Mancini. Tante volte mi aveva chiesto di raggiungerlo e alla quarta sono partito davvero". Lei ha accettato, ma come hanno reagito suo fratello e sua madre, sapendo che sulle loro spalle sarebbe caduto il lavoro che doveva fare lei?

"Prima di partire ho assunto un ragazzo, che è stato nel nostro ristorante. Entrambi sono stati contenti di questa mia scelta". Come ha conosciuto l’attuale ct azzurro?

"Nel mio ristorante dove è venuto tramite un conoscente in comune, da lì è nata un’amicizia". Quale specialità gli piace di più?

"Va matto per i tortellini in brodo, poi gli piacciono la bistecca alla fiorentina e il texano (un controfiletto di bovino adulto)".

A Manchester cucinava solo per la prima squadra o anche per il settore giovanile?

"Cucinavo per la formazione maggiore e al centro sportivo anche per la seconda squadra".

Aveva personale alle sue dipendenze?

"Avevo due persone, un francese e poi ho preso un italiano, che tuttora lavora lì col quale sono rimasto ancora in contatto".

Lei parlava inglese?

"No e non lo parlo nemmeno ora".

Allora come ha fatto per capire e a farsi capire?

"Ho imparato bene la terminologia della cucina, dove mi sentivo a mio agio e padrone della situazione. Quando ero in giro, c’erano tanti modi per farsi intendere, per esempio gesticolando, e non ho mai avuto difficoltà nella vita di tutti i giorni". Cosa preparava ogni giorno per giocatori e staff?

"Il menù era fatto assieme a Mancini, durante la settimana ero un po’ più libero. Erano comunque sempre presenti spaghetti e penne al pomodoro, spigola e salmone, petto di pollo, agnello, filetto, vari tipi di verdure, prosciutto e il parmigiano". Non male come scelta, ma dove acquistava gli ingredienti?

"Tutto dall’Italia, poi là ho trovato un connazionale che vendeva nostri prodotti e l’ho fatto diventare fornitore del City. Prima di Mancini non erano utilizzatiné parmigiano, né prosciutto". Ha mai cucinato specialità delle nostre parti?

"Certo. I vincisgrassi, l’agnello al forno o scottadito, gli inglesi non mangiano il coniglio e così l’ho preparato alla cacciatora". E i vincisgrassi?

"Alla grande, lì cucinavo spesso e poi li ho anche portati in aereo in occasione di varie trasferte". Che cosa le chiedevano i giocatori?

"Io cucinavo al momento e così mi chiedevano di preparagli qualcosa. Ho portato a tavola anche gli spaghetti con il pesto, una specialità apprezzata in particolare dai giocatori argentini".

Come cucinava al momento?

"Prima di me si cucinava sempre la mattina presto, ma io preferivo farlo a ridosso del pasto".

Qual era il piatto preferito da Balotelli?

"Le lasagne".

E di Aguero?

"Spaghetti con il pesto e petto di pollo".

Kolarov?

"Pasta e filetto".

Che cosa mangiavano di solito i giocatori dopo le partite giocate in notturna?

"Negli stadi c’è una cucina, cinque minuti prima che l’arbitro fischiasse la fine già c’erano negli spogliatoi la pasta, il petto di pollo, la crostata e anche altro".

Quindi lei andava in trasferta?

"Certo. A seconda della distanza partivo uno o due giorni prima per organizzarmi per bene, al seguito c’erano circa sessanta persone tra giocatori, staff tecnico, dirigenti e personale". Cosa ha preparato per festeggiare la vittoria della Premier?

"Niente, quel giorno abbiamo mangiato fuori".

Il suo lavoro nasce anche da una passione, quando ha messo piede per la prima volta in cucina?

"Già a undici anni ed è stato a Poggio San Vicino con mia zia".

Lei ha fatto l’alberghiero?

"Sì, a Tolentino, perché allora non c’era a Cingoli. Mi è stato molto utile, perché era una scuola-lavoro, all’hotel Marche eravamo a contatto coi clienti".

Poi ha seguito Mancini nell’esperienza allo Zenit San Pietroburgo?

"Ho fatto il ritiro in Austria, poi sono venuto via. Sono stato richiamato a ottobre fino al 13 dicembre, un paio di mesi per insegnare alcune cose ai cuochi".

L’ha sorpresa che Mancini abbia portato l’Italia a vincere gli Europei?

"Affatto, ho scommesso sulla vittoria finale quando non era stata giocata nessuna gara e l’Italia era data uno a dieci".