La procura riapre il caso

Indagini sul delitto affidate al Ros "Caccia ai complici di Oseghale"

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di Paola Pagnanelli

Nuove indagini sull’omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro, per capire soprattutto se davvero Innocent Oseghale possa avere fatto tutto da solo, il 30 gennaio del 2018. Ieri per il nigeriano la procura generale di Ancona ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo, nel processo in corso davanti alla corte d’assise d’appello. La sentenza potrebbe arrivare già al termine della prossima udienza, domani. Ma intanto, la procura generale ha avocato le indagini aprendo un fascicolo a carico di ignoti, e affidando gli accertamenti ai carabinieri del Ros. In particolare – come emerso nel corso della requisitoria di ieri – l’obiettivo è di ricostruire il ruolo di alcuni personaggi individuati nel corso delle indagini, per accertare chi altri fosse nella mansarda di via Spalato quel giorno. Oseghale, in base a quanto ricostruito finora, da solo in tre ore fece un lavoro da chirurgo, arrivando ad aprire i genitali interni per lavarli con la candeggina che – "cosa che non tutti sanno", ha rilevato il procuratore generale Sergio Sottani – distrugge il Dna. Un lavoro enorme, accurato e veloce, accompagnato dalla sparizione di parti del corpo che potevano essere più compromettenti, sarebbe però stato vanificato poi da una serie di errori: un tassista chiamato sotto casa per portare via i trolley con i resti della ragazza, i trolley abbandonati lungo la strada senza neanche nasconderli, e una serie di oggetti di Pamela, tra cui il pellicciotto insanguinato, tenuti a casa anche ore dopo il delitto. La procura generale vuole chiarire il ruolo di alcuni personaggi individuati nel corso delle indagini, e far luce su quelle che ha chiamato "opacità" nella ricostruzione di primo grado. Ricostruzione che, va detto, è stata fatta dalla procura e dai carabinieri di Macerata con un lavoro enorme, che ha ricostruito i movimenti di decine e decine di persone, distillato poi in una sentenza che i procuratori generali hanno definito "solidissima", e grazie al quale ieri hanno chiesto per l’imputato la conferma dell’ergastolo con isolamento diurno, il massimo della pena possibile. "Un terribile omicidio – ha esordito ieri il procuratore generale Sergio Sottani –. Una città tranquilla è stata sconvolta dalla tempesta perfetta, seguita poi dai fatti di Luca Traini. Sono stati giorni difficili, anche quelli del processo". Il procuratore ha ripercorso fatti e indagini, per dimostrare che Pamela si era ribellata a Oseghale che voleva un rapporto sessuale non protetto con lei, e per questo era stata uccisa. Pur scusandosi con i familiari per i particolari macabri, ha sottolineato che la ragazza è stata "scuoiata, decapitata, depezzata e disarticolata" e citando lo studio riportato nel processo di primo grado del professor Mariano Cingolani, ha ricordato che non esiste un altro caso simile nel mondo. Ha ribadito l’accuratezza delle indagini tossicolgiche del professor Rino Froldi, in assenza di sangue, per escludere l’overdose. Ha rimarcato il depistaggio – la sparizione di alcune parti del corpo, l’uso della varichina – messo in atto da Oseghale. E infine ha citato una poesia di Alda Merini dedicata alle donne. Anche il sostituto procuratore generale, Ernesto Napolillo, ha manifestato emozione nel trattare un caso "che non potremo dimenticare". "È stato un furto di felicità, alla famiglia, a chi la conosceva e alla società tutta", ha detto Napolillo, riepilogando i risultati dell’autopsia, le intercettazioni e le testimonianze. Quanto all’eccezione di inutilizzabilità delle consulenze medico legale e tossicologica, che non furono notificate a Oseghale in carcere, i magistrati hanno detto che, nel 2018, era ancora ritenuto possibile notificare solo al difensore; e comunque, la difesa aveva saputo delle consulenze, tanto da nominare poi gli esperti, che erano intervenuti già in fase di indagini.