"Speranza e dolore, il mio viaggio con Lucas"

Il medico Ettore Cambio ha "scortato" in Germania un giovane papà malato di tumore, ma le cure sperimentali non sono bastate

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di Gaia Gennaretti

"Sono stato un mezzo, un esecutore, ho messo a disposizione le mie abilità per rendere realizzabile un progetto possibile dal progresso in ambito medico-scientifico". A parlare è Ettore Cambio, medico settempedano, iscritto all’ultimo anno della scuola di specializzazione in Anestesia, Rianimazione e Terapia del dolore a Modena. Da bimbo "ero affascinato dalla figura del medico di mia nonna, Sandro Cianficconi. Aveva sempre una soluzione per ogni problema e con il suo carisma sapeva dare conforto e sicurezza".

Dottor Cambio, nei mesi scorsi lei si è speso in prima persona perché Lucas Silvestro, un giovane papà di San Severino, potesse sottoporsi a una cura Germania.

"La notizia della sua malattia mi aveva lasciato incredulo, viviamo nell’illusione che le cose belle durino per sempre. In questo caso il nemico era una rara forma di tumore cerebrale, quando l’ho visto in ospedale a San Severino ho capito subito che il tempo non era dalla nostra parte. Per la cura sperimentale, molto costosa e basata sull’iniezione di virus "addestrati" ad infettare e distruggere le cellule tumorali, il primo passo consisteva nell’inserire un catetere intracranico per la somministrazione del farmaco. Ho la fortuna di studiare e lavorare al NOCSAE di Baggiovara con un’eccellente equipe di anestesisti-rianimatori e sono riuscito ad organizzare in pochi giorni un delicato intervento neurochirurgico effettuato dal dottor Casoli. Come anestesista in formazione ho seguito Lucas in sala operatoria, il periodo post-operatorio è stato critico, mi sono immerso in questa situazione e sapevo che dovevo dare il meglio. Sono diventato all’improvviso il punto di riferimento per lui e la famiglia. La terapia di supporto e la sua enorme voglia di vivere hanno fatto la differenza e finalmente siamo riusciti a partire".

Purtroppo poi Silvestro non ce l’ha fatta, ma lei voleva anche lanciare un messaggio di speranza.

"Il viaggio per la Germania è stato impegnativo. Mi commuovo ancora quando ricordo Lucas che teneva la mano di sua moglie e guardava fuori dal finestrino le montagne della Svizzera, dove erano stati in vacanza qualche anno prima. Era una corsa contro il tempo. In Germania e Svizzera vigono leggi diverse e in caso di ulteriore peggioramento avrei avuto grandi problemi a gestire la situazione. Inoltre, lavorare in ambulanza su un paziente fragile come Lucas non è come essere in ospedale, le risorse sono limitate, gli spazi sono stretti, a volte devi compiere delle manovre sul paziente con una mano sola perché l’altra ti serve per reggerti. Stavamo finendo le bombole di ossigeno per mantenere stabili i parametri di Lucas e ci siamo dovuti rivolgere all’ambasciata italiana per farci scortare in mezzo al traffico. Il caso di Lucas, per la sua rarità, costituiva una novità anche per i medici in Germania. In Italia la ricerca andrebbe ulteriormente sostenuta, ampliare la rete di collaborazione internazionale sarebbe un grande passo avanti per assicurare la tutela della salute. Prendere parte a questo progetto mi ha consentito di apprendere una nuova tecnica terapeutica e di apprezzarne l’efficacia. Oltre alla speranza ci vogliono coraggio, mezzi e risorse a disposizione affinché le terapie possano divenire una risorsa alla portata di tutti".

La sua specializzazione è una scelta che al giorno d’oggi non è così comune. Come mai ha deciso di andare "controcorrente"?

"È vero, siamo molto richiesti. L’anestesista rianimatore è quel medico che deve intervenire tempestivamente per stabilizzare i pazienti critici che necessitano di cure urgenti, gestisce i traumi gravi all’arrivo in pronto soccorso, esegue l’anestesia in sala operatoria e tratta il dolore. È sicuramente impegnativo, ma molto stimolante e affascinante. In terapia intensiva gestisci pazienti in bilico tra la vita e la morte e forse è per questo che siamo sempre gli ultimi ad arrenderci".