Covid cura domiciliare 2021, ultime notizie nelle Marche

Cosa prevede la legge regionale. "Per contrastare i sintomi viene preferito l’uso degli antiinfiammatori non steroidei. Conferma e avvalora l’uso della terapia cortisonica a domicilio"

Covid, una squadra Usca per la cura del Covid a domicilio (archivio)

Covid, una squadra Usca per la cura del Covid a domicilio (archivio)

Ancona, 25 aprile 2021 - Le Marche hanno pubblicato una deliberazione per affrontare a livello domiciliare la cura del Covid 19 attraverso il richiamo alla legge regionale numero 416 del 6 aprile: "Un’operazione che noi riteniamo meritevole, che rilancia buona parte di molti degli indirizzi che Pillole di Ottimismo aveva delineato sin dallo scorso luglio e su cui abbiamo promosso una serie di confronti", scrivono Guido Sampaolo, medico di medicina generale dell’Area Vasta 2 e Piero Sestili, docente di farmacologia dell’Università di Urbino.

"Così si è riconosciuto – scrivono i due scienziati –. Si è riconosciuto che Covid-19 può essere trattata e gestita, per quanto possibile, a livello domiciliare, mettendo in atto tutte le conoscenze scientifiche e l’organizzazione del Sistema Sanitario Regionale che si avvale dei professionisti che operano sul territorio: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici USCA. Il loro impegno e la sinergia con le altre figure professionali nella gestione domiciliare dei pazienti che non richiedono l’ospedalizzazione".

Sottolineando peraltro che se che non esistono studi in doppio cieco su terapie farmacologiche efficaci e pertanto non possono essere stilate vere e proprie Linee Guida, è altrettanto vero che nella le sindromi virali (a cominciare dalla “banale” influenza) sono state sempre curate a domicilio con farmaci aspecifici e con vantaggio: abbattimento delle complicanze, del numero dei ricoveri e della mortalità. Affermando dunque in modo chiaro che "l’inerzia terapeutica non è giustificabile". E’ compito è del medico di famiglia, che deve comprendere tempestivamente se nel paziente stanno comparendo complicanze".

Sampaolo e Sestili sottolineano che la legge regionale prende atto che i medici non sono “stati a guardare” e valuta positivamente le cure domiciliari. E ancora: "Per contrastare i sintomi viene preferito l’uso degli antiinfiammatori non steroidei. Conferma e avvalora l’uso della terapia cortisonica a domicilio, effettuata con criteri scientifici, nonostante la diatriba sollevata recentemente. L’uso del cortisone è consigliato non in modo indiscriminato, ma qualora il quadro clinico non migliori entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi e con saturazione in progressivo e certo deterioramento. Relega l’uso degli antibiotici esclusivamente alle complicazioni da sovrainfezione batterica, cassandone l’abuso irrazionale, troppo spesso praticato. Consiglia l’uso estensivo domiciliare delle eparine a basso peso molecolare a dosaggio profilattico e per pazienti allettati e/o ad aumentato rischio tromboembolico. Non cede alle pressioni – sostengono ancora Sampaolesi e Sestili – che abbiamo ben conosciuto sul discusso uso di idrossiclorochina/azitromicina, terreno su cui si è inserita una “politicizzazione” eccessiva".

I punti di debolezza indicati sul provvedimento della Regione Marche riguardano una citazione "troppo sbrigativa dell’ecografia polmonare a domicilio che è invece la metodica più sensibile per rilevare le polmoniti".

"I medici USCA, dopo un corso di formazione – aggiungono Sampaolesi e Sestili – effettuato in collaborazione con i Colleghi di Medici senza Frontiere, hanno ampiamente adoperato tale metodica, con netto vantaggio sulla precisione diagnostica, tempismo e appropriatezza nelle conseguenti scelte terapeutiche. E’ soprattutto una posizione un po’ pilatesca, per salvare “capra e cavoli”, suggerendo sì una possibile terapia domiciliare, ma prendendone in qualche modo le distanze rinviando la responsabilità alla libertà prescrittiva del singolo medico".

Infine i due studiosi fanno riferimento all’uso degli anticorpi monoclonali. Riconosciuta come terapia salvavita in grado di abbattere il ricorso al ricovero ospedaliero e la mortalità nei pazienti ad alto rischio. "A tutt’oggi i Centri Infusionali non hanno messo a disposizione – si afferma – una linea telefonica dedicata attiva, 7 giorni su 7, ma soltanto un indirizzo di posta elettronica a cui rivolgere la richiesta, con possibile perdita di tempestività ed inoltro del paziente a tale terapia. Questo passaggio cruciale andrebbe reso più rapido e affidabile".

Per questo motivo non occorrono medici di base, ma “medici con le basi”: "Formati ad assumere le responsabilità di una professione difficile, che non cura la singola malattia, ma si prende cura della persona. La formazione del Medico di medicina generale è affidata alle Regioni: "Le Marche sono in grave ritardo nel mettere a regime un organismo di formazione post-laurea e permanente per rendere il medico capace di svolgere la professione. Sarebbe meglio che fosse lo Stato a predisporre un piano unitario superando la buona volontà del sindaco".