Detenzione illecita di armi, nei guai un esponente della banda di Corinaldo

Perquisizioni dei carabinieri nella Bassa tra tra Nonantola, San Cesario, Castelfranco, Finale Emilia e San Prospero. Un operaio di 50 anni è finito in carcere: nascondeva due pistole risultate rubate in garage. Cinque le denunce

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di Valentina Reggiani

"Devo trovare una pistola. Devo regolare i conti. Dobbiamo andarla a prendere". Le rete legata al clan dei Casalesi – quella che fa capo al boss Nicola Schiavone (figlio di Sandokan) – e che si occupa degli ‘affari’ nel nostro territorio è ancora ben solida e ‘ancorata’.

Dall’inchiesta sulla terribile strage di Corinaldo, infatti, è emerso come in particolare Ugo Di Puorto, figlio di Sigismondo (detto Sergio), autista e poi successore di Schiavone, una volta finito in carcere, potesse contare su una rete di contatti insospettabili non solo per mettere a segno rapine, piazzare il bottino ma anche per procurarsi armi da fuoco in caso di necessità. Ugo, insomma, aveva continuato ‘il lavoro’ del padre, detenuto in regime di alta sorveglianza per portare avanti gli affari del Clan.

All’alba di ieri, infatti, i Carabinieri del comando provinciale, nell’ambito del procedimento penale della Procura della Repubblica di Bologna - Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo – hanno dato esecuzione a un decreto di perquisizione nei confronti di 8 persone, 5 delle quali indagate per concorso nella detenzione illegale di armi da fuoco. Tra queste cinque figura ovviamente Ugo di Puorto, in carcere dopo la condanna nell’ambito del processo alla banda di Corinaldo insieme a Raffaele Mormone, Badr Amouiyah, Andrea Cavallari, Souhaib Haddada e Moez Akari, tutti tra i 21 ed i 24 anni.

La banda, tra il 7 e l’8 dicembre del 2018 nella discoteca ’Lanterna Azzurra’ secondo l’accusa, spruzzò peperoncino per rubare più facilmente le collanine d’oro indossate dal pubblico di giovani.

Nella strage persero la vita una donna 39enne e cinque minorenni. Proprio nel corso delle intercettazioni gli inquirenti scoprirono come la banda fosse in grado di trovare armi da fuoco all’occorrenza, rivolgendosi a ‘contatti fidati’.

E’ qui che spunta la figura di un 50enne di Nonantola, finito in carcere ieri mattina poiché trovato in possesso di due armi. Si tratta di due pistole risultate rubate a Bologna e Ferrara. L’uomo, padre di famiglia e autotrasportatore incensurato le nascondeva in garage, sotto gli attrezzi da lavoro. Ieri mattina lo hanno svegliato gli elicotteri dell’Arma. Subito dopo è scattata la perquisizione che ha dato esito positivo, appunto. Oltre alle armi e alle munizioni i militari hanno trovato anche sei involucri contenenti cocaina pura per oltre 230 grammi.

Secondo la Dda il camionista era direttamente collegato alla famiglia Di Puorto – un uomo di fiducia del clan, insomma - e oggi sarà sottoposto ad interrogatorio di garanzia in carcere. Come detto ieri le perquisizioni si sono estese ad altre sette abitazioni, tra cui quella di Ugo di Puorto e di un altro 50enne residente della bassa che risulta indagato insieme ad un salernitano di 31 anni e ad un operaio di 35; tutti residenti tra Nonantola, San Cesario, Castelfranco, Finale Emilia e San Prospero. Come detto i nuovi inquietanti risvolti sulla strage alla Lanterna Azzurra hanno origine da uno stralcio dell’attività investigativa della Procura della Repubblica di Ancona. Intercettazioni captate dagli inquirenti, nel corso delle quali la banda dello spray faceva chiaramente riferimento all’utilizzo di armi di cui avrebbero avuto bisogno per ‘regolare’ i conti tra due dei componenti. Queste armi – in caso di bisogno - sarebbero state appunto messe a disposizione dai soggetti attualmente indagati: in primis il camionista di Nonantola, vicino alla famiglia Di Puorto. Un’attività – che ieri ha visto impegnati oltre 50 Carabinieri – che mette in luce come dietro alla banda ci fossero gli affari dei casalesi ed ora resta un punto interrogativo importante, sul quale le indagini non sono chiuse: quanto è estesa la rete della criminalità organizzata nel nostro territorio? Quanti altri ‘insospettabili’ sono legati al clan e continuano – soprattutto in materia di armi – a gestire i traffici illeciti?