Gli immobili e l’equità fiscale

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Alessandro

Cavani*

Il Pnrr chiede al Paese uno sforzo di riforma del (farraginoso) sistema fiscale, la cui attuazione è condizione per il riconoscimento degli aiuti comunitari. Tra le disposizioni del disegno di legge di riforma, una delle più controverse è quella sul catasto, che prevede l’avvio di strumenti di mappatura degli immobili e la revisione vera e propria del catasto dei fabbricati. Non è la prima volta che il legislatore tenta di mettere ordine al "censimento" degli immobili del Paese, con risultati sempre ampiamente inferiori alle aspettative. L’individuazione degli immobili oggi non censiti ed il corretto classamento di quelli già accatastati sono criteri direttivi assolutamente condivisibili e rispondono ad un principio di equità fiscale; critici invece il previsto aggiornamento delle rendite catastali e la (ri)definizione del valore patrimoniale degli immobili. Nonostante la legge delega preveda espressamente che la revisione non debba impattare sull’imposizione degli immobili, non mancano forti dubbi sulla neutralità della riforma. Le rendite catastali rappresentano infatti oggi il principale parametro di riferimento per la tassazione degli immobili, sia nel campo dell’imposizione diretta (tassazione in sede di dichiarazione) che indiretta (imposta di registro sulle compravendite ed Imu, imposte legate alle successioni, solo per citare i principali tributi). Potenziali riflessi pregiudizievoli si potrebbero avere anche nel conteggio dell’Isee per le famiglie. In sintesi, pur dando atto che le nuove rendite sarebbero operative solo dal 2026, la vera sfida della norma delegata si gioca su (difficili) scelte operative che consentano di attuare concretamente la neutralità impositiva, andando a colpire solo le situazioni irregolari e quelle di evidente contrasto con le situazioni di fatto (non infrequenti nelle grandi città, dove spesso appartamenti di pregio del centro risulterebbero valere meno di abitazioni periferiche). *Presidente

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ed esperti contabili