Padova, Cosa nostra: 13 denunce, danni per oltre 1,4 milioni di euro a più di 60 aziende

Il sodalizio criminale, vicino al clan Mazzei di “Cosa nostra”, faceva incetta all’ingrosso di prodotti agroalimentari, edili ed elettronici che puntualmente non venivano pagati con la scusa della crisi provocata dal lockdown

Tredici arresti a Padova

Tredici arresti a Padova

Padova, 27 settembre 2021 – Facevano scorta di merce che con la scusa della crisi economica provocata dal lockdown non pagavano. Utilizzando aziende inattive, rigenerate allo scopo, il sodalizio criminale scoperto e sgominato dalla guarda di finanza di Este (Padova) era riuscito a raggirare oltre 60 aziende sparse da nord a sud d’Italia: Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto. Il gruppo, a ridosso della conclusione del primo lockdown, secondo gli investigatori, avrebbe messo in piedi un complesso meccanismo di frode che ha provocato notevoli danni nei confronti delle aziende coinvolte.  A capo dell'associazione a delinquere, finalizzata alla truffa, un siciliano residente a Milano, considerato vicino al clan Mazzei di Cosa nostra. L'operazione denominata "Zona Rossa" ha portato all'esecuzione di tre misure cautelari, una in carcere, una ai domiciliari e una terza con l'obbligo di firma, 13 le perquisizioni a carico di altrettanti indagati, sequestrati beni per 1,3 milioni di euro. 

Due basi logistiche a Padova, l'appartamento di lusso a Milano

Il gruppo vede coinvolti a vario titolo 13 soggetti, di cui uno indagato per ricettazione e alcuni percettori del reddito di cittadinanza, e oltre 20 società ubicate nelle province di Bologna, Brescia, Milano, Modena, Padova, Novara e Varese. Approfittando anche della forte recessione economica il gruppo aveva individuato due strutture, apparentemente floride, di Sant'Elena (Padova) e Carmignano di Brenta (Padova), come basi logistiche dell'organizzazione. Da qui alterando i dati di bilancio e individuando "prestanome" insospettabili, si procedeva alla rigenerazione di aziende, di fatto inattive, al solo scopo di renderle appetibili al mercato e di poter avviare collaborazioni commerciali per approvvigionarsi, indiscriminatamente, di significativi quantitativi di merce.  A  Padova arrivavano le merci acquistate, che venivano poi spostare in un capannone in provincia di Brescia e successivamente distribuite a operatori economici attraverso canali secondari. Le indagini sono state avviate dalle Fiamme gialle di Este nel maggio 2020 e hanno portato, nel novembre dello stesso anno, al sequestro di beni per 1,3 milioni rinvenuti nel capannone di Brescia. Il promotore dell'associazione è stato invece fermato nei giorni scorsi in un appartamento in affitto del valore di oltre un milione di euro nel quartiere Citylife a Milano, alle cui pareti aveva affisso gigantografie di Tony Montana, gangster protagonista del film 'Scarface' interpretato da Al Pacino.

Merci acquistate, fatturate e mai pagate: doppio danno per le imprese 

Le imprese hanno così fatto incetta all'ingrosso di prodotti agroalimentari, edili ed elettronici, che puntualmente non venivano pagati, adducendo motivazioni legate alle difficoltà connesse al periodo di lockdown (inclusa la costituzione della zona rossa nel vicino comune di Vo', Padova) o utilizzando per il pagamento assegni scoperti o bonifici bancari immediatamente annullati. I prodotti "acquistati" venivano nel frattempo trasportati in un capannone nella provincia di Brescia e, successivamente, distribuiti ad ulteriori operatori economici attraverso canali secondari. In sei mesi di attività, il danno cagionato dal sodalizio a società e ditte individuali è stato quantificato in oltre 1,4 milioni di euro. Per le imprese truffate, al danno economico diretto si è aggiunta in alcuni casi la beffa di non poter accedere ai fondi statali per il sostegno delle perdite causate dalla pandemia Covid, in quanto le merci non pagate erano state regolarmente fatturate.