Addio all’epica copisteria ’L’Asterisco’

Ha ’scritto’ la storia di Urbino. Ora Il digitale ha cambiato tutto. "In decenni abbiamo servito un’infinità di clienti"

Addio all’epica copisteria ’L’Asterisco’

Addio all’epica copisteria ’L’Asterisco’

La prima copisteria di Urbino chiude i battenti: cesserà l’attività tra pochi giorni ‘L’Asterisco’, storico esercizio a pochi passi dalla piazza, aperto oltre quarant’anni fa da Stefano Volponi e Mariella Franci. Troppo poco il giro d’affari per continuare, considerata anche la voglia di godersi la meritata pensione. "Abbiamo iniziato in casa – spiegano i due titolari, marito e moglie – alla fine degli anni ’70, battevamo a macchina le prime tesi. Avevamo una Olivetti Lettera 16 portatile. Bisognava farne cinque copie, quindi si usava la carta carbone con 5 fogli e ogni errore era una pagina da rifare da capo. Poi, nel 1981, l’apertura ufficiale de L’Asterisco, con sede nel garage di casa. Il settore si evolve rapidamente, prima con macchine da scrivere elettriche, poi con la videoscrittura, antesignana del computer. Era un monitor collegato a tastiera e stampante, con dei grandi floppy disk. Poi arrivò la prima stampante ad aghi, quindi la laser, fino alle multifunzioni di oggi. All’inizio erano macchine così moderne che una cliente che non si fidava della fotocopia voleva controllare ogni pagina per vedere se aveva fatto errori!". Diverse anche le sedi dell’Asterisco: nel 1986 (era difficile trovare un negozio libero!) il primo locale in via Pozzo Nuovo, poi a metà via Battisti e dal 2003 nella stessa via, ma più in alto. Il mercato e la concorrenza sono cambiati moltissimo in 40 anni: "Nel giro di pochissimi anni siamo diventati una quindicina, ma noi siamo stati sempre i primi a evolverci, e la differenza la faceva il fare tutto in casa, senza esternalizzare ad esempio le copertine rigide. Poi le fotocopie, le dispense, gli articoli di cancelleria. Fino all’avvento del digitale, e ora siamo rimasti in cinque in tutta Urbino. Le tesi resistono, ma le fotocopie sono crollate". Tanti clienti in 40 anni, dal figlio di Paolo Villaggio a don Italo Mancini: "L’incontro con lui fu un caso: ci mandò un manoscritto tramite uno studente, in una grafia incomprensibile. Lo copiammo e dopo poche ore ci telefonò. ‘Sono il professor Mancini, avete battuto voi il mio testo?’ Pensavamo volesse lamentarsi di qualcosa, invece disse: ‘Siete stati magnifici. Nessuno è riuscito a interpretare così la mia grafia’. E da quel momento diventammo i suoi dattilografi di fiducia e ci consigliava ai suoi allievi. Ma la soddisfazione maggiore ce la danno gli ex studenti che dopo trent’anni tornano a trovarci".

Giovanni Volponi