Pesaro, perseguitato dalla Rai. Da 20 anni senza tv, ma gli fanno pagare il canone

E’ diventata una guerra di posizione tra la Rai, radiotelevisione italiana e il professor Glauco Mancini

Il professor Glauco Mancini (Fotoprint)

Il professor Glauco Mancini (Fotoprint)

Pesaro, 14 aprile 2018 - E’ diventata una guerra di posizione tra la Rai, radiotelevisione italiana e il professor Glauco Mancini, classe 1921, celibe, pesarese, docente di inglese per 52 anni. Il quale ha una sua visione del mondo che esclude la presenza di un televisore in casa sua da almeno 20 anni, ossia dal gennaio 1998. Nel 2016, con l’avvento del canone nella bolletta della luce, la Rai è tornata all’attacco del professo Mancini facendogli pagare 90 euro.

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Lui ha reagito, ha scritto diffide, raccomandate, richieste di rimborso ma nulla da fare. Nel 2017 comunque non gli hanno inviato nulla ma in questo inizio di 2018, ancora il canone nella bolletta dell’Enel. Al che il professore ha preso carta e penna e ci ha inviato queste righe: «Mi ero illuso di aver portato definitivamente a termine il mio rapporto pseudo conflittuale con la Rai quando inaspettatamente esso è riapparso all’orizzonte. E’ arrivata una bolletta Enel con l’aggravio del canone Tv per i primi tre mesi dell’anno in corso. Adesso la Rai vuol entrare per gradi, mi vuol far pagare il canone a rate, tre mesi alla volta. Era uscita dal portone, cerca di rientrare dalla porta finestra. Trovo che ci sia una mancanza assoluta di buon gusto nel tentativo appena mascherato di perseguire il proprio scopo a dispetto di tutto e di tutti. Mi vien fatto di pensare che la Rai si senta di aver la facoltà di impormi l’abbonamento e io l’obbligo di possedere una tv».

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«Senza dubbio – continua la lettera del professor Mancini – c’è qualche lettore del Carlino che si ricorda del contrasto che ho avuto con la Rai alcuni anni or sono. Un contrasto riconducibile alla maldestra iniziativa di qualche personaggio politico il quale aveva pensato di ovviare al dilagante abusivismo abbinando il pagamento del canone alla bolletta dell’energia. Così facendo tutti gli intestatari di un contratto Enel si trovano a dover pagare il canone del televisore».

«Nacque così il problema – continua la lettera – di dover distinguere gli uni dagli altri per motivi di equità. Si rende pertanto indispensabile l’adozione di un metodo efficace di controllo e di verifica. Peraltro non è giusto presumere che tutti abbiano la tv. Col nuovo metodo può essere più facile sparare nel mucchio ma si cade nell’abuso di autorità, nella dittatura amministrativa. Io non sono più nel mondo della Tv. Da vent’anni ne sono uscito e non è stata una rinuncia, un sacrificio. In tutto questo tempo non ho mai avuto alcun rimpianto, alcun ripensamento né un attimo di nostalgia. Nel tempo, il mio rifiuto, ha dimostrato la sua validità. La mia disdetta risale al 27 gennaio 1998: da allora non ho più avuto un televisore né mio né altrui. Evidentemente la Rai è convinta che senza la Tv sia impossibile sopravvivere. E invece, quando mi sono sbarazzato dei televisori che possedevo, ho provato un senso indescrivibile di sollievo, un senso inconfondibile di liberazione, come dire, un altro 25 aprile. Nasce spontaneo il quesito di come io possa fare a meno della tv. E’ molto semplice: ho numerosi altri interessi, molto più coinvolgenti e gratificanti».

«Nessuno può biasimarmi – conclude il professor Mancini – se io, anno dopo anno, giorno dopo giorno, vento o pioggia, vado in campagna a portar cibo agli animali del bosco, tassi, volpi, istrici e scoiattoli che si sono insediati benvenuti nella mia proprietà, o che abbia creato un bosco dove prima non c’era nulla o di aver raccolto per trent’anni i cani abbandonati o di aver rinunciato per sette anni al pre-pensionamento che mi spettava per i cinque anni di guerra. Non avevo né il tempo né il desiderio di sedere davanti alla tv che peraltro non avevo. Io sono il padrone indiscusso della mia esistenza. Non sono disposto a tollerare ingerenze di sorta nella scelta dei miei gusti. Trovo la pervicacia della Rai improvvida e molesta. Le chiedo di lasciarmi in pace».