"Caro Mattarella, ci aiuti a salvare la scuola"

L’appello, accorato e ragionato, del sindaco Romina Pierantoni di Borgo Pace. "Questo per noi è l’ultimo presidio rimasto dello Stato"

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Dopo essersi attivata e aver cercato risposte alle sue domande Romina Pierantoni, sindaco di Borgo Pace ha deciso di scrivere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per scongiurare lo spostamento della sua classe prima elementare nel comune vicino. L’ufficio scolastico regionale ha infatti deciso di spostare d’ufficio i tre bambini borgopacesi iscritti regolarmente alla prima elementare a Mercatello sul Metauro. La scuola di Borgo Pace ha un totale di 21 bambini che, in linea con la vigente normativa, sono stati divisi in 2 pluriclassi, previste anche per il prossimo anno. Questa decisione a Borgo Pace porterebbe in pochi anni alla chiusura della scuola, uno degli ultimi baluardi dello Stato in questo territorio a ridosso dell’Appennino. Nonostante l’intervento dell’assessore regionale Giorgia Latini e del presidente della Provincia Giuseppe Paolini, che hanno incontrato anche il ministro dell’Istruzione Bianchi, l’ufficio scolastico non è tornato sulle sue decisioni e la Pierantoni ha scritto a Mattarella.

"Gentile Presidente, sono a condividere con Lei la situazione di grande disagio che, in modo particolare negli ultimi periodi, mi vede coinvolta sia nella mia veste istituzionale che in quella di cittadina italiana. Mi chiamo Romina Pierantoni e da 13 anni ho l’onore e l’onere di essere stata scelta dai miei concittadini come sindaca di Borgo Pace, un piccolo comune dell’entroterra marchigiano. Dico onore perché non c’è niente di più bello che operare per il bene comune, per la propria gente, per le proprie tradizioni, per il proprio territorio. Dico anche onere, ormai insopportabile, da portare avanti. Oggi si fa un gran parlare della rinascita dei piccoli borghi, della panacea del PNRR e dei suoi bandi che ci dovrebbero riportare vita. In questo quadro, con la facoltà di una scelta non sicuramente supportata dalla norma, la dirigenza dell’ufficio scolastico regionale delle Marche ha deciso che i bambini della prima classe non possono iscriversi alle due pluriclassi esistenti nella scuola del mio Comune ma nel comune limitrofo".

"Hanno praticamente deciso di metterci alla canna del gas e di cancellare in 2 anni il nostro diritto alla scuola sancito dalla Carta Costituzionale. Non solo non abbiamo i servizi sanitari (il primo pronto soccorso dista 40 km), non solo le vie di comunicazioni risalgono a Garibaldi (viviamo in quel territorio che da 40 anni aspetta il completamento della Fano-Grosseto), adesso non avremo più nemmeno la scuola, in quell’edificio antisismico, efficientato energeticamente e completamente ristrutturato, con soldi pubblici, appena 2 anni fa".

"Lo dico da sempre un Comune senza scuola primaria non solo non ha un futuro, non ha proprio senso di esistere! Invece il mio Comune ha diritto di esistere per i suoi “soli“ 560 abitanti dislocati in 6 frazioni i quali contribuiscono regolarmente alle spese previste dallo Stato, mantengono e controllano un territorio di oltre 55 chilometri quadrati, un territorio fatto di sorgenti di acqua, di boschi e di ambiente incontaminato fruibile da tutti. Troppo spesso ci si dimentica che, come cita l’art. 114 della Costituzione, tutti i Comuni sono “pezzi dello Stato“, indipendentemente dalla loro dimensione. Ma che cosa si intende per dimensione? Gli elementi costitutivi dello Stato sono popolo, territorio e sovranità. Oggi nella società dei numeri a tante persone equivalgono tanti servizi, tanti chilometri quadrati tanti problemi. Così facendo lo Stato non abbandona l’Italia?".

"Nella società dei grandi numeri, noi non ci sentiamo un numero ma dei cittadini e siamo stanchi di vederci giorno dopo giorno defraudati della nostra dignità e di quei diritti che i Padri costituenti ci hanno garantito. Risparmiare cancellando i piccoli comuni con tanti chilometri quadrati di territorio ma poche persone: siamo certi che sia questo il vero risparmio di cui la nostra Italia ha bisogno? Siamo certi che questa non sia la via per distruggere tutto quello che in 160 anni gli italiani hanno costruito? Egregio Presidente accolga il mio grido di disperazione: non ce la faccio più a combattere! Oggi più che mai la nostra missione di sindaci è quella di combattenti! Presenti e attivi per le nostre comunità e per il nostro territorio a fianco di quello Stato, o meglio di quel Governo, che a volte non solo sentiamo lontano, ma percepiamo come maggior avversario! Sempre a difenderci, a perdere ogni giorno qualche battaglia, da soldati obbedienti al proprio sistema e a quel capo, il Governo, che alla fine avvertiamo come il nostro maggiore nemico. Lungi da me rischiare con le mie parole di mancare di rispetto a Lei, l’unica figura istituzionale, l’unica persona, che sento vicina ogni giorno con il suo equilibrio, la sua autorevolezza, la sua tenacia. Lei è un vero esempio, – mi verrebbe da dire – il mio eroe. E come tutti gli eroi, lei può salvarci! Può riportare dalle parole ai fatti la questione dell’importanza della scuola nei piccoli comuni, il valore delle aree interne in cui l’etica ancora esiste! Non avremo tante cose ma sicuramente abbiamo la fortuna di vivere di ricordi e di esempi veri, magari distanti in alcuni aspetti dallo stereotipo del benessere, ma ancora abbiamo un senso di comunità capace di aiutarsi e supportarsi".

"Ma tutto questo non basta, non può durare nel tempo. Per noi il futuro è nero, o peggio, non esiste. Egregio Presidente le sarei veramente molto grata se potesse ricevermi per ascoltare e aiutare una povera sindaca di montagna disperata, con la poca dignità rimasta ma con l’amore profondo verso l’Italia, il nostro Paese! Vorrei garantire la scuola ai miei bambini e un futuro alla mia comunità e cancellare tutta la mia amarezza e sfiducia per continuare a essere a servizio della mia gente, del mio Stato, per continuare ad essere sicura che l’Italia e gli italiani sono la cosa più bella del mondo".

Andrea Angelini