Case cantoniere, solo macerie. Il Demanio le lascia crollare

Se affidate ai Comuni o ad enti potrebbero essere recuperate per il fabbisogno di abitazioni

Case cantoniere, solo macerie. Il Demanio le lascia crollare

Case cantoniere, solo macerie. Il Demanio le lascia crollare

Sono diroccate e abbandonate. Le case cantoniere dell’Anas, di proprietà del Demanio, sono in malora. Per incuria. Potrebbero essere un tetto per tante famiglie senza un’abitazione. In provincia di Pesaro e Urbino ne abbiamo contate almeno 9 ma sono di più. Si trovano a Torrette di Fano, a Fosso Sejore, a Pesaro in Strada della Romagna, tra Fossombrone e Canavaccio, a Urbino, a Sant’Angelo in Vado, Lamoli, Borgo Pace, Urbania. Ci abitavano i cantonieri fino a metà degli anni ’80. La loro storia parte dal Regio Decreto del re di Sardegna, Carlo Felice, del 13 aprile 1830. Istituisce la figura del cantoniere, affidandogli il compito di manutenere e controllare un ‘cantone’ della strada (un tratto di 3-4 chilometri).

Per svolgere questi incarichi i cantonieri dovevano abitare in case ai margini di ciascun cantone. Nasce così la Casa Cantoniera. Dopo 150 anni la funzione della figura del cantoniere viene modificata ed aggiornata. Nel 1982 viene introdotto il “Regolamento dei Cantonieri” che cancella il vecchio concetto di ‘cantone’ e introduce ‘squadre, nuclei e centri di manutenzione’ dotati di personale e mezzi. E da quel momento, le case cantoniere vanno in disuso. Il guaio è che nessuno pensa di venderle o utilizzarle fino al 2021, quando Anas lancia un bando per assegnare, non vendere, 100 case cantoniere dislocate su tutto il territorio nazionale. Scriveva l’amministratore delegato della società Massimo Simonini: "Attraverso il recupero di questi edifici dal rilevante valore iconico vogliamo promuovere un modello di sviluppo sostenibile in termini ambientali e socio economici per i territori dove sono ubicati, rivitalizzando l’economia locale ed i suoi microsistemi industriali, incentivando un turismo diffuso di qualità, oltre ad offrire all’utenza della strada quanti più servizi possibili, in linea con gli standard comunitari, a sostegno della mobilità e della viabilità, inclusa quella sostenibile. In ultima sintesi restituendo una nuova dimensione a questo patrimonio architettonico che da un secolo testimonia la storia del nostro Paese".

Tra i soggetti che avevano depositato le richieste, il 41% era rappresentato da società, il 31% da privati, il 15% da Enti, Amministrazioni pubbliche e protezione civile, l’8% da associazioni e cooperative ed il restante 5% da aziende agricole. Si assegnavano ad un’unica condizione: che dovesse rimanere il classico colore rosso pompeiano. Quello è rimasto, ma per il resto non si sono visti né conosciuti i risultati.

ro.da.