I confratelli sono giunti alla chiesa del Pelingo, continua la cronaca dell’epoca: "Tutti i Banchi per noi erano coperti di tappeti. Il nostro crocefisso fu deposto in un altare con cinque candele accese; indi si celebrò una messa del cappellano nostro, e quindi si assistette alla messa solenne, in mezzo alla quale, e precisamente all’offertorio, offrimmo 12 candele di scudi 2 ciascheduna. Nel frattempo che si cantava la santa messa, giunse una lettera espressa spedita dall’arciprete di Fermignano don Crescentino Piccini, il quale pregava la nostra congregazione di recarci al nostro ritorno nella sua chiesa ad assistere alla Santa Benedizione. Sebbene che si fosse determinato di partire dal Pelingo dopo le ore 20 per evitare il caldo il più possibile, pure memori delle buone grazie ricevute nel nostro passaggio, credette il consiglio di non rifiutarsi, anticipando di un’ora la nostra partenza".
Il cavalier Depretis fu incaricato di mandare per lettera una risposta a quel signor arciprete, come infatti immediatamente eseguì. "Terminata la Solenne Messa – prosegue la cronaca – fummo ammessi al bacio della S. Reliquia di Maria SS.ma e quindi furono benedette le nostre Corone. Ciò eseguito, tornammo isolatamente alla casa della parrocchiale del Furlo per ivi pranzare, lasciando nella chiesa del Pelingo il nostro SS.mo Crocefisso. Dopo il pranzo, che si fece con quella sobrietà propria della circostanza, e dopo un breve riposo, alle ore 18 tornammo di nuovo al Pelingo, ove cantate le litanie, e il Tantum Ergo dal nostro Coro di Dilettanti, ci fu impartita la Santa Benedizione coll’augustissimo Sagramento. Indi l’arciprete Ronconi ci fece gentilmente passare nelle camere superiori, ove ci favorirono un ottimo rinfresco di paste, e rosolio, dispensando a tutti le Immagini di quella Beata Vergine. Congedati quindi da quei sacerdoti, fra i più vivi reciproci ringraziamenti, c’inviammo alla volta di Urbino. Sulle ore 21 e mezzo giungemmo a San Lazzaro, chiesa presso Fermignano, di pertinenza della Fraternita dell’Ospedale d’Urbino. All’ingresso del paese, fummo accolti dalla compagnia del SS. Sagramento, detta del Gonfalone, la quale vestita del suo sacco di tela bianca, tutti con facolotto acceso, ci precedette alla chiesa parrocchiale, riccamente illuminata, sempre fra il suono dei santi metalli (le campane) ed infinito sparo dei mortai, che continuò fino dopo usciti dal detto Castello, quale era addobbato di tappezzerie. Fatta l’esposizione di Gesù sacramentato, fu cantato dai nostri dilettanti il “Tantum Ergo“, e quindi fu impartita la Santa Benedizione. Dopo di che, ripresa la nostra S. Immagine, fummo accompagnati dai deputati di quella venerabile Compagnia fino alla porta di Fermignano, ove furono, dietro richiesta comune, benedetti i fermignanesi con lo stesso Crocefisso. Non contenta di tutto ciò, quella devota popolazione col loro gonfaloniere vennero ad accompagnarci fino verso il loro confine ed alcuni ancora fino ad Urbino. Allorché si divisero da noi, quel gonfaloniere ci rese infinite grazie a nome del suo popolo, ed il simile facemmo ancor noi. Quindi si spensero di nuovo tutti i facolotti, e scoperti il capo, giungemmo felicemente alla Croce de’ Cappuccini, senza che fossero adoperati i nostri cavalli, tranne che per il cappellano".
Lì il gruppo si rimette in ordine, accende dei nuovi ceri e cerca di far stare in ordine tutti i componenti, sempre col cappuccio calato sul volto. "A mezz’ora di notte, facemmo l’ingresso in Urbino, fra lo sparo dei mortai, il suono del campanone, e di tutte le campane della città, essendo anche in più luoghi illuminata la contrada. Ci recammo direttamente nella cattedrale per contenere l’immensa popolazione che ci venne ad incontrare, ove cantato il Tantum Ergo concertato a organo, e data la benedizione col SS. Sagramento, ci restituissimo al nostro Oratorio, cantando l’Inno Ambrogiano".
gio. vol.