"Controllare se c’è il virus è vitale Molti lo scoprono quando è tardi"

Parla Francesco Barchiesi, primario degli Infettivi di Marche Nord: "Oggi le terapie funzionano, e di rado i malati muoiono. Dall’Hiv ora non si guarisce, ma ad esempio si può fare profilassi pre-esposizione"

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"Dei circa 450 pazienti che seguiamo, oltre il 90% sono virologicamente soppressi, in maniera ormai cronica. Se la terapia è assunta in maniera continuativa, il virus può cessare la sua trasmissione". Non si guarisce dall’infezione da Hiv, ma oggi grazie alle sperimentazioni ci si può convivere, e può diventare intrasmissibile.

Lo grida a gran voce Francesco Barchiesi (foto), direttore del reparto Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord e Professore al Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica dell’Università Politecnica delle Marche. La Giornata Mondiale contro l’Aids serve a ribadire soprattutto l’importanza dello screening.

Professore, c’è ancora confusione sulla differenza tra Hiv e Aids?

"Sì, e non c’è prevenzione. Molti soggetti scoprono la malattia quando è già allo stadio successivo, spesso facendo test per altri motivi. La differenza tra sieropositività per Hiv e Aids sta nel fatto che nel primo caso abbiamo semplicemente un’infezione asintomatica; mentre quando si entra nella fase di malattia conclamata (Aids) probabilmente sono passati anni dal momento del contagio, e il virus che ha lavorato biologicamente distruggendo il sistema immunitario dà segno di sé in quanto il paziente va incontro a malattie molto rare nella popolazione generale. Lo screening è quindi vitale".

La mortalità si è ridotta?

"Sì, in maniera drasticamente significativa. Oggi si ha la capacità di accedere a una terapia altamente efficace anche se iniziata in ritardo, quando le difese immunitarie sono molto basse. Il virus viene ucciso velocemente e avviene una ricostruzione immunologica. I soggetti vanno incontro alla morte di rado, solo in casi con diagnosi tardive e infezioni più aggressive, ma questi casi sono davvero rari. L’ultimo caso nel nostro reparto risale a due anni fa".

Sarà possibile sconfiggere il virus nei prossimi 10 anni?

"Per poterlo eliminare, la scienza dovrà utilizzare cocktail farmacologici che abbiano la capacità di scaricare tutto il virus nascosto nelle cellule. Solo in quel momento potremmo dire di averlo annientato. Al momento la guarigione da infezione da Hiv non è possibile, ma si può prevenire. Un’altra cosa che si può fare è assumere preventivamente le terapie, se l’individuo sa di essere a rischio. Generalmente si parla di rischio di tipo sessuale, quasi l’unico che sussiste nell’epidemiologia attuale della trasmissione dell’infezione da Hiv. Noi abbiamo un ambulatorio dedicato alla cosiddetta profilassi pre-esposizione, che consente di assumere il farmaco prima di contrarre l’infezione".

Com’è la situazione nel reparto di Muraglia?

"Generalmente registriamo 10-15 nuovi casi ogni anno, anche se l’emergenza da covid può aver rallentato qualche diagnosi. Abbiamo soggetti prevalentemente italiani, intorno all’80%, e la media di età è di circa 55 anni, con un range che va dai 18 ai 90 anni e il 65% di questi è di sesso maschile. Abbiamo in cura anche i pazienti di Casa Moscati, con i quali abbiamo avviato una nuova terapia a unica iniezione, che viene fatta ogni 60 giorni".

Lucia Arduini