Crac Banca Marche, Bianconi si smarca: "Finanziamenti? Toccava alle filiali controllare"

Per la prima volta dall’inizio del processo, l’ex direttore generale sale sul banco degli imputati: quattro ore davanti ai pm "Ho subito un bombardamento mediatico terribile, sono stato due anni e mezzo senza stipendio né pensione. Adesso parlo io"

di Marina Verdenelli

"I pareri erano vincolanti per le pratiche, se ci fossero stati segnali negativi le avrei fatte ritirare, non le avrei mandate in consiglio". Entra nella fase centrale il processo per il crac di Banca Marche che ieri ha visto parlare per la prima volta, dal banco degli imputati, Massimo Bianconi, ex direttore generale dell’istituto di credito marchigiano. Bianconi, considerato un po’ l’uomo nero del default bancario in quanto come direttore generale avrebbe dovuto fiutare gli investimenti sbagliati di certi imprenditori che non sono più riusciti a rientrare dei debiti contratti, è stato il terzo dei 13 imputati fino ad ora sentiti nel processo iniziato a maggio 2019. Laureato in Scienze Politiche, specializzato in discipline bancarie, 67 anni, ha risposto alle domande del pool di pm di Bdm, Andrea Laurino, Marco Pucilli e Serena Bizzarri.

Un esame dell’imputato durato quattro ore, dove Bianconi ha fatto capire che i controlli a monte dei finanziamenti concessi c’erano, toccavano alle filiali, però ha anche detto come le pratiche per concedere i crediti alla clientela venivano date ai consiglieri il giorno stesso della delibera, una media di 30-40 pratiche a volta. "Venivano depositate la mattina – ha osservato l’ex direttore generale – a disposizione di tutti e dove il consigliere non era convinto poteva pensarci" rinviando la discussione tanto i cda erano ogni due settimane. Sul perché solo il giorno della votazione i consiglieri potevano prendere in mano le pratiche già istruite, Bianconi ha risposto "per evitare fughe di notizie visto che alcuni consiglieri avevano clienti nelle pratiche e non era carino che sapessero prima". Nel giorno della delibera le pratiche sarebbero state complete, anche dei carteggi.

Il pubblico ministero Andrea Laurino ha chiesto all’ex dg se i consiglieri potevano guardare le carte con più calma, andare negli uffici della banca e Bianconi ha risposto che "nulla lo vietava ma andare dal capo dei crediti non si usava perché poteva essere visto come interferenza". Durante l’esame dell’imputato, Bianconi ha spiegato di essere entrato in Banca Marche a fine 2003 e di aver iniziato la direzione dal 2004, arrivando dalla banca San Paolo. Una carica durata fino al 13 settembre del 2012 ma di fatti terminata il 27 luglio dello stesso anno "perché sono andato in ferie – ha detto Bianconi – e non ho partecipato più ai consigli di amministrazione". Dopo la rottura con Bdm aveva in ballo di fare da consulente a piccole banche ma "ancora prima di ricevere l’avviso di garanzia mi sono stati chiusi tutti i conti correnti – ha riferito l’ex dg – tolte le carte di credito, il telepass, e subii un bombardamento mediatico terribile. Sono stato due anni e mezzo senza stipendio e senza pensione".

Il suo arrivo in Bdm sarebbe avvenuto anche a seguito di una lettera che Banca di Italia scrisse sulla condizione di Banca Marche al consiglio di amministrazione "che non guadagnava e aveva già delle difficoltà e doveva essere supportata da un dinamismo diverso". Bianconi ha spiegato che condivideva le scelte di Vallesi (vice direttore) e "là dove c’era un minimo di dubbio la pratica veniva immediatamente annullata". La sua posizione viaggiava a 200-300mila euro annui di stipendio più i bonus quando raggiungeva determinati obiettivi. Anche la moglie avrebbe perso 403mila euro in obbligazioni investite. Sulla consorte, da cui ora è separato, ha precisato di non aver partecipato con lei a nessun investimento immobiliare e che con Lanari ebbe solo un colloquio per l’acquisto dell’ex Santa Cristiana. Bianconi ha ammesso il viaggio aereo pagato da Lanari per andare in Argentina e valutare un affare lì "ma il soggiorno è stato a mie spese e quel progetto nemmeno lo portammo al cda perché ero perplesso".