Pesaro, detenuta si impicca in carcere: salvata da una giovane poliziotta

La donna ha tentato di togliersi la vita utilizzando una vestaglia. Il sindacato Sappe: "L'ennesimo suicidio sventato è prova di problemi sociali e umani"

Carcere, foto generica

Carcere, foto generica

Pesaro, 7 giugno 2022 - Un suicidio sventato in carcere a Pesaro: solo grazie al tempestivo e professionale intervento della polizia penitenziaria si è impedito che una detenuta si togliesse la vita, impiccandosi con una vestaglia. La notizia arriva dal sindacato Sappe, racconta il segretario delle Marche Nicandro Silvestri.  "La donna detenuta era in un particolare stato di agitazione perché chiedeva insistentemente di avere delle sigarette. Ha tentato il suicidio mediante impiccamento, utilizzando una vestaglia. Ed è qui che un 'angelo azzurro', una giovane poliziotta penitenziaria, è intervenuta e ha per fortuna cambiato il corso del destino della donna, sottraendola alla morte. Fondamentale è stato il lavoro di squadra delle varie poliziotte in servizio, che hanno reso possibile il salvamento della detenuta da morte certa". Il sindacalista spiega che restano ignote le motivazioni che hanno portato la detenuta a tentare il gesto estremo. "In ogni caso, - continua - il dato certo è che la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio. E' un dato oggettivo che chi è finito nelle maglie della devianza spesse volte è portatore di problematiche personali sociali e familiari''.  

Sventati più di 23mila tentati suicidi

A Silvestri fa eco il segretario generale del Sappe Donato Capece: ''L'ennesimo suicidio sventato di una detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze - afferma - E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 23mila tentati suicidi ed impedito che quasi 175mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze'',  Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come "il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere". Proprio il suicidio, sottolinea Capece, "è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l'obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l'Italia è certamente all'avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti''.