"Doppio cognome? Io lo scelsi 33 anni fa"

Dopo i recenti casi, una mamma rievoca la battaglia per sua figlia: "Le donne mettono tanto nella maternità, non devono essere cancellate"

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Pesaro, 1 maggio 2022 - Rosanna Catelani, 69 anni, pesarese, ex bancaria in pensione, è una che vedeva lungo. Nel 1989, quindi 33 anni prima che la Corte costituzionale dichiarasse, come ha fatto adesso, illegittimo l’automatismo che dà ai figli il cognome del padre, volle e ottenne, d’accordo col compagno con cui viveva, non sposata, che sua figlia avesse il suo cognome. Prima il suo, poi quello del padre.

Perché decise questo?

"Avevo 33 anni, la mia era una gravidanza voluta. Scelgo di diventare mamma. Dare a mia figlia il mio cognome l’ho sentito come esigenza, perché ho sempre pensato che nei confronti della donna si opera una cancellazione simbolica della madre, dando ai figli solo il cognome del padre. Le donne ci mettono tanto nella maternità, curano i figli, perché poi i loro nomi devono sparire? Volevo che attraverso mia figlia la gente sapesse anche il cognome mio".

Come fece?

"La bambina era nata a Cattolica, venne iscritta nei registri di Pesaro, facemmo tutta la trafila burocratica, poi ci chiamarono anche alla Corte di Appello di Ancona".

E lì cosa avvenne?

"La giudice ci chiese il perché di quella decisione. Noi gli dicemmo che era stata una scelta comune, libera, che il mio compagno era d’accordo. La giudice indagò abbastanza sul nostro rapporto, quando vide che eravamo convinti, non fu invadente".

Cos’altro si ricorda di quei giorni?

"Il parto, e ad esempio l’ostetrica, al mio capezzale, che mi diceva: è sicura di cosa vuol fare? Cercò di dissuadermi, io invece ero molto decisa, l’ho fatto con orgoglio, anche se 33 anni fa quella scelta andava fuori dal pensato comune, accadeva quasi soltanto alle donne nubili, il cui padre non aveva riconosciuto i figli"

Sua figlia come ha vissuto questa cosa?

"Quando faceva le scuole superiori, c’erano insegnanti che hanno sminuito il fatto, o addirittura glielo facevano notare in termini negativi... Eppure poteva essere una occasione di discuterne, invece lei si è sentita diversa, a 14 anni gli adolescenti invece tendono un po’ al conformismo, tanto che per consolarla le dicevo ’vedi, hai due cognomi, come i nobili’, ma in realtà nobili non lo eravamo... Poi l’ha sempre accettato, anche se certo per lei quella scelta non aveva il significato che ebbe per me".

E il suo compagno?

"L’ha vissuta bene, io gli ho spiegato che il mio non era un capriccio, ci siamo parlati tante volte. Perché io dovevo essere cancellata? Lui capì la motivazione profonda che c’era alla base della scelta".

E i suoi cosa le dissero?

"Mia madre non disse nulla, a mio padre gliela girai che altrimenti il nostro cognome finiva, ’sai così invece lo manteniamo...’ E lui è stato consenziente, forse gli ho creato più dispiacere non sposandomi (e ride)".

Il suo caso divenne noto?

"Mi chiese un intervista il TG 3, non la diedi, ora lo faccio con voi del ’Carlino’ non perché cerco visibilità, ma perché vedo cosa succede, guarda caso la Corte costituzionale ci ha messo 30 anni per arrivare a certi traguardi".

Cosa direbbe ora alle donne?

"Che la madre non si deve fare cancellare, è giusto che con la presenza del loro cognome ci sia un riconoscimento giuridico, che poi porta un riconoscimento culturale, è una realtà che le donne si occupano dei figli, perché allora non gridare a tutti che questo concetto sia iscritto nel diritto e nella cultura?"

Ma non si rischia che i cognomi poi diventino troppi?

"Vero, troppi cognomi non si possono avere. Mi viene da sorridere pensando che, visto che mia figlia ne avrebbe avuti due, almeno il nome lo scegliemmo corto. A me piaceva Alessandra, ma decidemmo per Sara, che quindi si chiamò Sara Catelani Tomassini".

Si è mai pentita della sua scelta?

"Mai. Anche una mia amica fanese fece la stessa cosa, con due maschi. Anche loro orgogliosi del doppio cognome. Materno prima, e quello del padre dopo".