Esistono molti falsi miti sul Medioevo. Si sentono echeggiare, a volte, in programmi televisivi. In altri casi vengono proclamati dalle guide che accompagnano i visitatori presso un determinato monumento. Uno dei casi emblematici è quello del fossato.
I fossati attorno alle fortificazioni "dovevano sistematicamente" essere riempiti di acqua. Sempre. O meglio, così si sente dire. Io mi chiedo come facessero a riempire, ad esempio, il fossato antistante alla rocca di Gradara, che si trova sulla sommità di un colle. Mi spiego. Un fossato, se circonda una fortificazione di pianura, e poniamo il caso di Rocca Costanza, a Pesaro, poteva essere "agevolmente" riempito sfruttando un canale che attingeva acqua da un torrente vicino (il Genica, ad esempio). Oppure si poteva far scorrere un fiume direttamente accanto alle mura, è il caso di molte città del nord Italia, ma di pianura. Il fossato della rocca di Gradara, in cima a un colle, era asciutto. In assenza di pompe idrauliche come si poteva condurre acqua sulla vetta di un poggio? Impossibile.
Ebbene sì: esistevano anche i fossati asciutti. Che senso aveva un fossato asciutto? Una "fossa", in linea generale, serviva a difendere una fortificazione per il semplice fatto che l’ingresso alla struttura difensiva si trovava "in quota". La porta di una fortificazione non è mai ricavata a livello del fossato, ma più in alto; ciò rendeva possibile la presenza di un ponte levatoio, che permetteva di superare la fossa asciutta e di accedere all’ingresso. Sollevato il ponte, i nemici dovevano scendere nella fossa per approcciare le mura, disponendosi in una posizione spaziale svantaggiata e, di lì, dovevano cercare di raggiungere la porta in quota, sottoposti alla difesa piombante e ficcante (pietre e frecce) dagli assediati. Risolto il mistero.
(puntata 311)
Daniele Sacco