Fra Dalla e Hamelin insieme nel rifugio

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Per ritrovare un sentire comune, partecipare idealmente alla sofferenza di quelli che sotto le bombe russe si nascondono nei rifugi ucraini, per un rito di gruppo che esorcizzasse le cose brutte, eravamo corsi in massa fino ad esaurire lo Sperimentale per ascoltare un concerto di canzoni di Lucio Dalla. Che cosa, meglio de "L’anno che verrà" e del suo "Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’" per meditare sui fatti e misfatti con cui ci tocca di campare? Quale struggimento più grande di "Ah, felicità su quale treno della notte viaggerai, lo so che passerai ma come sempre in fretta non ti fermi mai...". Una delusione totale, ci aspettava un Lucio estraneo, trasformato esclusivamente in performance personali che parlavano una lingua sconosciuta. Non era Dalla, era altro, perfino "Caruso", fatta per commuovere anche i sassi, stentava a decollare. Eravamo andati per cantare ed eravamo stati cantati. Dunque ci era rimasta la voglia di qualcosa che valesse la pena di ascoltare insieme, che riuscisse a tenere uniti i fattacci della giornata e un senso che ci stesse dietro. Ed è a questo punto che è apparso il signor Marc-André Hamelin da Montreal, pianista (nella foto). Allo Sperimentale c’era gente ma non era esaurito – non lo è mai per i concerti classici, limite e peccato di questa città culturale –. Due cose non consentono il preventivo apprezzamento di una comunità: le sale da concerto semivuote e la scarsezza nel rugby. I concerti di musica classica sono un fenomeno della natura: non si criticano e non si commentano dopo, li si ascolta e basta; tutto quello che conta succede durante l’esecuzione, il resto sono menate da schizzinosi e megalomani. Mister Hamelin di cose ne ha fatte succedere nel buio dello Sperimentale: le bombe su Kiev, le maschere sui volti della terapia intensive sono meno brutti e insopportabili seguendo un signore che con maestria accarezza i picchia i tasti di un piano creando un mondo nuovo. Aspettavamo l’amico Lucio, è arrivato lo sconosciuto, si fa per dire, Hamelin. Che gran rifugio è una sala concerti.

f.b.