Giorgia Righi ha l'Atassia di Friedreich ma non si arrende. "Sarò allenatrice di nuoto"

A 20 anni ha anche scritto un libro. "Non c’è differenza tra essere in carrozzina ed essere in piedi per fare tutto quello che si vuole"

Giorgia Righi in piscina, nuotare è la sua passione

Giorgia Righi in piscina, nuotare è la sua passione

Petriano (Pesaro e Urbino), 19 febbraio 2019 - Giorgia Righi ha 20 anni, la sua grande passione è il nuoto e ha tanti sogni, come quello di diventare istruttrice in questo sport pur essendo su una sedia a rotelle: questa è la storia di una qualunque ragazza del mondo, una ragazza forte e delicatissima, testarda e dolcissima, che prende il treno da sola, va a dare gli esami all’Università, va in palestra, esce con gli amici e non si lascia imprigionare da niente.

Qual è la sua ultima “impresa”? «Ho scritto un libro, Vivere volando (Edizioni Letteratura Alternativa di Asti) in cui racconto di me in maniera particolare, con un incrocio tra realtà e fantasia. Io compio un viaggio, le mete sono luoghi che ho realmente visitato, arricchite con aneddoti della mia vita».

Su cosa ha puntato per scrivere questo libro? «Volevo far capire che secondo me non c’è differenza tra essere in carrozzina ed essere in piedi per fare tutto quello che si vuole. Non ci sono ostacoli e se io li incontro comunque vengo aiutata a superarli».

Chi la sostiene? «La mia famiglia mi aiuta: vivo con i miei genitori, mio fratello e mia cognata, ci sono anche mio cugino con la sua compagna, i miei zii. Io da loro ricevo un grande aiuto e impariamo a goderci la vita insieme. Poi ho tanti amici, qui in paese e in tutta Italia».

Perché è in carrozzina? «Ho l’Atassia di Friedreich, mi è stata diagnosticata a 9 anni: in 3 anni ho perso progressivamente tutte le funzionalità motorie e ho smesso di camminare. A 8 anni, il pediatra mi ha sentito un soffio al cuore e mi ha riscontrato una cardiomiopatia causata dall’Atassia. Con visite specialistiche poi ho scoperto che si trattava di questa patologia neurodegenerativa. Con le funzionalità motorie ho perso anche l’equilibrio e ho dovuto lasciare la danza, ma è stata la mia fortuna perché ho scoperto il nuoto».

Che significa? «Che ho trovato la mia grande passione: non posso fare agonismo, ma posso praticare a livello amatoriale, finché riesco e senza sforzarmi, mi dicono i medici. Ma io mi sforzo uguale e non lo dico a nessuno» (ndr, sorride compiaciuta).

Dove vuole arrivare allora con il nuoto? «Vorrei diventare allenatrice e per questo sto facendo il corso per istruttrice di nuoto a persone normodotate e non. Sono già giudice della Federazione Italiana Nuoto: ho fatto il corso, e sono stata la prima in Italia in carrozzina, e presenzio alle gare da circa un anno, solitamente a quelle dei bambini dai 10 ai 15 anni, in piscina a Piandelbruscolo o a Pesaro, ma sono stata invitata anche al Trofeo internazionale Sette Colli a Roma ed è stata un’esperienza straordinaria. Adesso sto seguendo il corso per diventare allenatrice, con il tirocinio e l’esame finale: non mi rilasceranno il brevetto, perché un istruttore deve essere in grado di salvare gli atleti in caso di bisogno, e io non posso, ma avrò un attestato di partecipazione».

Se sa già che non potrà raggiungere il traguardo, perché fare tutti questi sforzi? «Perché lo sport è la mia passione e io in piscina ci devo stare per forza: se non posso come atleta, voglio starci così. Ma io lo so che prima o poi il brevetto riuscirò a prenderlo».

A quali altre imprese non ha voluto rinunciare per la malattia? «Nel 2017 mi sono lanciata col paracadute: io e la mia amica Giulia di Rimini, che ha la mia stessa patologia, siamo andate a Fano e ci siamo lanciate in tandem, ognuna con un istruttore. Ho avuto l’impressione della libertà assoluta, un po’ come quando sono in piscina e non sento più il mio corpo. C’erano rischi per via dei problemi al cuore, ma non ho voluto rinunciare. Un’altra volta ho pilotato per pochi secondi, ma tutto da sola, un aereo, ovviamente con il pilota a fianco».

Perché ha voluto scrivere il libro? «Mi sentivo di dover raccontare tutta me stessa agli altri e spero che la mia vita possa far capire, a chi è in sedia a rotelle e a chi non lo è, che non ci sono limiti, che bisogna guardare a quello che di positivo si ha. Il libro è vendutissimo in paese, a Gallo di Petriano, perché la gente mi segue molto in quello che faccio, mi sostengono e le associazioni fanno iniziative a favore di Go far, il fondo che si occupa della ricerca sulla malattia».

Qual è il suo prossimo obiettivo? «Ne ho tanti. Studio Scienze Motorie per via telematica e do gli esami a Rimini: mi preparo su vari fronti perché io voglio lavorare nel mondo dello sport. Non mi fermerò finché non ce la farò».