L’America al bivio spiegata da Antonio Di Bella

Sabato nella Alusfera di piazza del Popolo a Pesaro, il giornalista racconterà gli Stati Uniti partendo dall’assalto al Campidoglio

L’America al bivio spiegata da Antonio Di Bella

L’America al bivio spiegata da Antonio Di Bella

Gli Stati Uniti d’America sono un "impero in bilico?". "Da quando ero piccolo ne sento parlare, ma questa è la più grande e migliore epoca di tutti gli imperi, incluso quello romano", risponde il giornalista Antonio Di Bella, che sabato alle ore 17,30 sarà nella Alusfera di piazza del Popolo dove presenterà il suo libro “L’impero in bilico - L’America al bivio fra crisi e riscossa“ (224 pagine, edizioni Solferino, prefazione di Federico Rampini), evento di spicco per “Incontri Capitali - Libri e parole per Pesaro 2024“. L’autore converserà con il sottoscritto, ed ecco qualche anticipazione.

Lei ha fatto il corrispondente dagli USA. E’ un lavoro facile?

"E’ molto difficile fare il corrispondente dall’America – spiega Di Bella –. Gli italiani credono di conoscere gli Stati Uniti per la frequentazione della cultura cinematografica e televisiva. Spiegare una cosa che la gente crede già di capire è difficile".

Ci parli di uno di questi tipici “ostacoli“.

"Negli USA esistono categorie differenti. Per evitare confusione evito di parlare di concetti come destra e sinistra in riferimento all’America; repubblicani e democratici hanno tendenze liberal ma non certo di sinistra come intendiamo noi. Il lavoro più delicato del corrispondente è cercare di tradurre agli italiani una realtà così diversa".

Tutto sembra familiare, ma non lo è...

"Per spiegarmi cito un aneddoto. Quando trasporto una bottiglia di vino dall’Europa all’America, anche se è lo stesso vino che bevo in Italia, negli USA ha un sapore diverso. Questo per motivi scientifici che non saprei spiegare, ma rende bene l’idea di come sono due mondi che sembrano familiari, ma in realtà sono diversi profondamente".

Nel suo libro racconta l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Lei era lì per caso?

"Tutt’altro! Mi sono mosso un anno prima per andarci, addirittura lasciando l’incarico di direttore di Rai News 24, cosa rara perché nessuno si allontana da certi incarichi. Chiesi di andare a fare il corrispondente dagli USA, per certi aspetti come carriera era un andare indietro".

Ne è valsa la pena?

"Mi sono trovato davvero nel mezzo dell’assalto al Congresso e da lì ho fatto le mie dirette".

Ha avuto paura?

"Si pensa sempre dopo ai rischi corsi. Non bisogna neanche esagerare perché i rischi veri sono per gli inviati di guerra che vanno dove si spara. Quelli li ho corsi in altre occasioni, come nella guerra in Kosovo, poi i rischi si corrono anche in Italia, in certe manifestazioni la violenza non manca".

Lei aveva previsto l’assalto al Congresso?

"Non ci voleva molto a capire che sarebbe accaduto qualcosa di grosso, era un anno che Trump mandava messaggi dove diceva che sarebbe stato un giorno storico e lo sarebbe stato anche se avesse vinto".

Ma la folla come ha fatto ad assaltare il Congresso?

"Per noi italiani sembra un mistero, perché è stato fatto da un gruppo non organizzato militarmente e di fronte a protezioni di sicurezza imponenti. Ci sono teorie complottistiche. C’è chi sostiene che siano stati fatti passare dagli agenti".

Lei cosa ne pensa?

"C’è stato un misto di varie componenti, a partire dalla sottovalutazione della gravità della minaccia. E poi gli assalitori erano bianchi, la polizia diceva “sono dei nostri“, tra i manifestanti tanti erano poliziotti in congedo".

Cosa avviene ora in America, come si spiegano le occupazioni degli atenei per la questione israelo-palestinese?

"Negli ultimi anni i docenti americani hanno imboccato la strada della ideologia woke, unificando nella lotta quello che viene definito imperialismo colonialista con alcuni soggetti politici diversi fra loro, come gli afro-americani, i palestinesi, gli omosessuali e la comunità Lgbtq+. Questo nel nome di una battaglia anticapitalista con venature apertamente marxiane".

Che conseguenze avrà?

"Questo cocktail di situazioni è esploso e ora anche Biden è in imbarazzo perché perde voti dalla minoranza musulmana, pure gli italoamericani cambiano".

Ovvero?

"Sono stati storicamente democratici, ma pensiamo al revisionismo, alle statue di Cristoforo Colombo rimosse e la festa del Columbus Day mescolata con quella dei nativi americani. Un errore grave, questo, perché il Columbus Day fu istituito come atto riparatore per una strage ottocentesca a danno di italiani".

L’America come sta?

"Come scrive Thomas L. Friedman sul New York Times, nella giungla della politica internazionale l’America è un vecchio leone il cui ruggito fa sempre meno paura. Ma credo invece che dell’America ne parleremo a lungo non solo per le sue affermazioni militari, ma anche per le sue radici nelle rivoluzioni francese e americana, nella difesa dei diritti inalienabili dell’Uomo. Troppo spesso lo dimentichiamo di fronte alle emergenti autocrazie che sono fondate sulla dittatura del leader, sia esso iraniano, cinese o russo".

Giovanni Lani