Concessioni spiagge, "Noi privilegati? Macché, c’è troppo astio"

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Stefano Tombari, lei è uno degli operatori balneari storici della città, Bagni Gilberto. Come ha preso la decisione del Consiglio di Stato sullo stop alle proroghe delle concessioni dal 2024?

"Sono amareggiato e giù di morale. Anche perché, me lo faccia dire, la mia – come dice lei – è una spiaggia storica, ci ha lavorato tutta la mia famiglia. Mio padre ha iniziato nel 1956, poi nel 1991, l’ho rilevata io. E’ un pezzo di cuore, che negli anni, abbiamo restituito ai nostri clienti investendo in servizi".

Quanto paga di concessione all’anno? "Sui 4mila euro scarsi, anzi, per l’esattezza, sono 3.659 euro. Alcuni diranno che è poco, in proporzione al nostro guadagno, ma lei sa quante spese abbiamo? Quella del canone è solo una delle tante che compongono il bilancio al quale dobbiamo far fronte ogni anno".

Però, che il vostro è un mestiere che rende, anche in termini di guadagno, non lo può negare…

"Certo, nessuno lo nega. Noi viaggiamo sui 100mila euro di fatturato circa all’anno, forse anche qualcosina in più (a stagione s’intende, ndr), ma le spese sono tantissime. Non c’è solo il canone. Dobbiamo affrontare anche i costi per il salvataggio, acqua, luce, Tari… e non sono indifferenti. Costi che vanno, ovviamente, a ridurre anche gli utili. E poi…"

Dica.

"Il mio stabilimento, ad esempio, è da due anni a conduzione famigliare: ci lavorano, oltre a me, mia moglie e i miei due figli. Paghiamo più di 20mila euro di Inps all’anno e manteniamo, con esso, tutti quanti. Se un domani mi togliessero la spiaggia, manderebbero in ginocchio un’intera famiglia. E poi mi mancano ancora 12 anni per andare in pensione. Chi mi prende, a quest’età, se dovessi perdere il lavoro?".

Eppure, molti vi ritengono una categoria privilegiata. Voi vi sentite così? "Nessuno nega che il nostro è un bel lavoro: ci si fa il mazzo per cinque mesi e si guadagna bene. I canoni sono bassi, non lo nascondo. Ma non parlerei di privilegi. Anzi, non capisco da dove nasce tutto questo astio. Spesso, si sente dire, da alcune persone ‘era ora che facessero una legge del genere’. Questa gente, forse, non si rende conto, che una volta che le spiagge vengono messe all’asta, poi possono partecipare anche le multinazionali. E sono proprio quelle che stanno spingendo per riuscire ad entrare nel mercato delle spiagge italiane. Sarebbero davvero la rovina di tutti. Anche perché, una volta che arriveranno loro, con le offerte più alte, non potremmo più permetterci di riprendere le spiagge, né io né tutte quelle persone che adesso stanno gioendo".

Quanti ombrelloni stagionali servono per coprire ciò che spendete in concessione?

"Un ombrellone costa in media 600 euro, per coprire 4mila euro di concessione ne bastano sei. Ma il punto non è questo. Sono sempre le spese che abbiamo. Come consorzio, ad esempio, noi operatori balneari superiamo i 120mila euro di spesa annui per i bagnini di salvataggio: solo la mia quota si aggira intorno ai 7mila euro a stagione".

Se fosse dall’altra parte della barricata, come regolerebbe questo settore? "Non modificherei una situazione che funziona già bene: ci sono famiglie a Pesaro che mandano avanti questo lavoro da anni, investendo continuamente e mantenendo alto il servizio. Se proprio dovessi modificare la legge, magari lo farei per le nuove concessioni. In ogni caso, fino ad oggi, io ho investito anche diversi soldi per riqualificare la spiaggia. Quindi poi, una volta all’asta, come verrà valutata? Proprio adesso, stavo per presentare un progetto di riqualificazione del mio stabilimento. Ora esce la nuova sentenza del Consiglio di Stato. Come mi devo comportare? Fermo tutto?".

Angelica Panzieri