Trovare le parole giuste per pensare in modo limpido

Popsophia a Pesaro, inizia il viaggio intorno ai “Paradisi artificiali“. La sociolinguista Vera Gheno tra parole nuove e antiche senza paura per il futuro

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Prende il via oggi Popsophia sul tema dei Paradisi artificiali. Tra gli ospiti di questa sera (21.30 in piazza del Popolo) la sociolinguista Vera Gheno.

Passare la vita a trovare parole giuste è una bella impresa.

"C’è sicuramente di peggio: in fondo, mi occupo di quella che Chomsky chiama “la caratteristica nucleare dell’essere umano“, la cosa che ci rende umani, insomma, e di come impiegarla nel migliore dei modi per migliorare la qualità della vita".

Quando parla di lingua artificiale a cosa allude?

"La mia riflessione sarà proprio su cosa sia una lingua artificiale – l’esempio più famoso è l’esperanto, ma anche tutte le lingue inventate in sedi artistiche, come il dothraki del Trono di Spade o il creolo cinturiano della serie The Expanse – e su cosa sia percepito, spesso a torto, come “artificiale“, ad esempio gli esperimenti con un linguaggio inclusivo".

Da Dante all’oggi. La nostra lingua si è modificata, trasformata, semplificata. Si è evoluta o involuta secondo lei?

"Si è sempre evoluta, per cercare di venire incontro alle nostre esigenze di parlanti".

Petaloso come le suona? Una bestemmia?

"Perché dovrebbe? Ai tempi di petaloso gestivo il profilo twitter dell’Accademia della Crusca, per me è sempre stato semplicemente un aggettivo formalmente corretto inventato da un bambino di otto anni".

Si usano sempre più termini, parole e definizioni non italiane; l’ultimo inserito in decreto: “caregiver“.

"Caregiver non è esattamente badante: sono due concetti differenti, non del tutto sovrapponibili. Potremmo parlare della comprensibilità degli anglismi in testi che dovrebbero essere comprensibili ai più, ma di per sé non è vero che l’ingresso degli anglismi nell’italiano sia in alcun modo pericoloso. Nei secoli il nostro vocabolario si è arricchito di molti francesismi, dato che questo era l’idioma internazionale della cultura (come il latino in antichità). Solo una parte del nostro vocabolario è di provenienza diretta dal latino, per il resto, nel corso dei secoli, la nostra lingua ha acquisito termini da decine di lingue diverse. Insomma, le lingue si contaminano a vicenda, ed è del tutto naturale".

L’italiano va salvato secondo lei?

"Ma no. L’italiano sta bene. Si dimostra una lingua viva, capace di adattarsi ai bisogni dei suoi parlanti. Casomai sono gli italiani a non stare benissimo: ci sarebbe un gran bisogno di migliorare la nostra cultura media... e la nostra conoscenza plurilingue".

E gli italiani come usano la loro lingua?

"Come riescono e come possono, non sempre nel migliore dei modi".

L’avvento degli smartphone, l’uso di hashtag, simboli, faccine piuttosto che parole dove ci condurrà?

"Io direi avanti. Ogni nuovo medium modifica il modo in cui usiamo la lingua, ma questo fa parte della natura stessa delle parole. Quindi, nulla da temere. Casomai, sarebbe un problema se la nostra lingua smettesse di cambiare, irrigidendosi: sarebbe l’inizio della sua morte".

Dovremmo tutti poter abitare comodamente le nostre lingue o attenerci comunque a delle regole?

"Non credo che ci sia opposizione tra le due affermazioni. Possiamo abitare la nostra lingua e attenerci alla norma, che ci serve per comunicare meglio. Ma le regole di uso di una lingua cambiano nel tempo, in base alle nostre necessità di parlanti. Non sono immote. Direi che la lingua, come nostro strumento di comunicazione, è al nostro servizio, non viceversa".

Claudio Salvi