Viaggio al Miralfiore, spaccio alla luce del sole Un operaio si presenta con soldi e siringa

Aspettava eroina, ma è arrivata la polizia. Nel viale principale dopo lo scambio di droga, insulti e minacce a una mamma con la figlia. Forze dell’ordine frustrate: manca lo strumento legislativo per rimandare a casa i "rifugiati" che vendono stupefacenti

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di Davide Eusebi

Nove del mattino, viale principale del parco Miralfiore, quello che dall’arco corre per la villa. Un ragazzo di colore barcolla con in mano un involucro, chiaramente droga. Non dovrebbe essere quello il punto maggiore di spaccio perché il bosco è stato diradato proprio per consentire maggiore visibilità alle forze dell’ordine che puntualmente lo pattugliano. Ma il deterrente non regge. Lo spaccio avviene davanti a tutti, in pieno giorno. Una coppia di ragazzi si avvicina al giovane di colore il quale li porta in uno vialetto a pochi metri dalla strada principale che taglia il parco e porta alla villa. Poi si affianca all’albero per coprire lo scambio: droga in cambio di soldi. Tutto sotto gli occhi dei passanti che camminano o vanno in bicicletta, chi al lavoro chi per passare un po’ di tempo. I due consumatori quindi si riportano nel viale e si allontanano verso l’uscita. Via uno, sotto l’altro. Tocca a una ragazza tatuata e con più orecchini. Anche in questo caso spaccio alla luce del sole, mentre la gente sta camminando, sempre nello stesso punto, ai margini del bosco diradato.

Anche l’ennesima assuntrice di sostanze stupefacenti se ne va, ma sente una ragazza dire all’anziana madre invalida che sta accompagnando alla passeggiata mattutina: "Vedi mamma, hanno diradato il bosco, hanno tagliato i rami per evitare lo spaccio ma non serve a niente". E la consumatrice di droga, che passa accanto: "La colpa è vostra, bastardi che avete fatto la spia, fatevi i c..vostri...bastardi". La figlia con la madre si allontanano spaventate, mentre altri ragazzi di colore si "scambiano" i clienti gettano a terra fazzoletti sporchi, una bottiglia vuota, una scatoletta di cibo appena consumato, tutto lungo il viale.

Ore 10, ingresso del parco di via Cimarosa. Una signora entra per portare a spasso il suo cane, ma appena valicata la soglia d’ingresso si ferma e torna indietro. "Dove va signora?", "Via da questo posto insicuro, li vedi quelli là? Quelli spacciano, e qui viene il mondo a comprare la droga, non è più un posto sicuro, mio marito lavora nelle forze dell’ordine ma c’è poco da fare, preferisco un giro nei marciapiedi". L’assuntore è un operaio. Aspetta che un ragazzo di colore gli consegni la merce ma prima di lui arriva la Polizia che è nel parco in borghese. Chiede all’operaio cosa ci fa lì a quell’ora e lo perquisisce. Addosso ha una siringa pronta all’uso e soldi pronti probabilmente per l’acquisto di droga, chiaramente eroina. Salta l’affare.

Ore 11, viottolo alberato del parco che porta a via Solferino. A terra c’è di tutto: fazzoletti sporchi, escrementi, bottiglie di birra scaraventate a terra, altre bottiglie di plastica. C’è anche una bicicletta abbandonata a terra, probabilmente rubata, che serve agli spacciatori per agire più velocemente e gli stessi poi mollano quando è il momento, per poi riprenderla una volta usciti dal folto della macchia. Stavolta la cliente è una ragazza tatuata. Si ferma in bicicletta, poi si mette di spalle rispetto ai passanti per non farsi riconoscere. Gli spacciatori di colore la vedono. aspettano che non ci sia nessuno, quindi vendono e incassano. Tutto in un attimo. Nel frattempo una pattuglia delle forze dell’ordine transita nella zona in automobile, ma il più è fatto. La vedono andarsene in bicicletta. Queste scene sono quotidiane e non si vedevano a Pesaro dagli anni’70, dai tempi del parco Trulla di via Poma che era il parco Lambro (tristemente famoso a Milano) di Pesaro. Con una differenza. Allora gli spacciatori andavano in galera e gli assuntori pure.

Oggi le forze dell’ordine sono allo stremo, indifese, a mani nude e in preda allo scoramento per la mancanza dello strumento legislativo: più arrestano e più chi spaccia viene liberato e le procedure per il rimpatrio di fatto inesistenti. Rischiano, paradossalmente, più loro, le forze dell’ordine: se non maneggiano i delinquenti con cura possono passare dei guai.