Pesaro, la vergogna del Museo Oliveriano: chiuso da 1.000 giorni

Smobilitato nel marzo 2015 per fare posto al cantiere, ma è tutto fermo Articolo La politica si interroga

Riccardo Paolo Uguccioni e il Museo Oliveriano

Riccardo Paolo Uguccioni e il Museo Oliveriano

Pesaro, 2 dicembre 2018 - A fronte dei trecentododici giorni di chiusura del vecchio palazzetto, in via dei Partigiani, nella testa di Riccardo Paolo Uguccioni, già presidente dell’Ente Olivieri, è scattato il micidiale parallelismo con il Museo archeologico: smantellato nel marzo 2015 per accogliere il cantiere necessario ad una sua riqualificazione, ad oggi il più importante museo della città, non ha più riaperto. A fare il calcolo sulla chiusura l’asticella si impenna, segnando uno scandaloso e tutt’ora inspiegato primato poiché si superano abbondantemente i mille giorni durante i quali il patrimonio archeologico e le attività culturali ad esso collegato sono state sottratte alla comunità. Nel 2014 – anno prima che si provvedesse a smantellare l’allestimento quarantennale al fine dei lavori – il bilancio registrava un totale di 2.848 visitatori all’anno.

Tra questi non solo studiosi, italiani e stranieri, attirati a Pesaro dalle preziose steli – l’Oliveriana e la bilingue – o dall’interesse per il Larario puerile, ma anche appassionati di archeologia e moltissimi studenti. Per la precisione nel 2014 gli studenti furono 1.350.

«Pochi o molti non lo so – osserva Uguccioni – certamente sono stati gli ultimi a poter beneficiare di una patrimonio di notevole valore, capace di contraddistinguere Pesaro sia a livello nazionale che su quello internazionale». Infatti se c’è un patrimonio che può fare di Pesaro una destinazione per visitatori colti e raffinati al pari di quelli che raggiungono la città di Rossini per il Rof, è certamente la collezione dei Musei Oliveriani, prima custodita e poi smembrata e conservata nei magazzini tra Pesaro ed Ancona.

Museo Oliveriana
Museo Oliveriana

«Il plurale si deve al fatto che oltre alla collezione Passeri Olivieri – spiega Uguccioni – l’Oliveriano è depositario per lo Stato dei reperti di Novilara, per esempio». Se il patrimonio per oltre 1.000 giorni è stato sottratto agli appassionati dell’Archeoclub, è notizia di questi giorni che almeno il Larario Puerile, sarà valorizzzato e apprezzato Oltralpe. Il Larario puerile – un gruppo di piccoli oggetti di stagno, dei giocattoli secondo l’Olivieri datati alla seconda metà del II sec. D.C – è stato richiesto dal Museo di Lione dove andrà per contribuire ad una mostra di prossimo allestimento. «Mi risulta che il Larario verrà ospitato da Lione nel 2019» conferma Uguccioni, mentre oggi i visitatori che durante le stradomeniche andranno in Biblioteca, potranno vedere minimi spaccati della collezione archeologica, in teche di cristallo recentemente donate.

Ora la domanda sorge spontanea. Perché i lavori che avrebbero dovuto dare nuovo splendore al Museo Oliveriano, seppur con un anno di ritardo sui tempi previsti, non sono mai stati completati? Volendo essere precisi infatti, il Museo è stato smobilitato per fare posto al cantiere nel marzo del 2015. E’ stato chiuso un anno prima che partissero i lavori, iniziati ad aprile 2016.

«Ricordo il cartello che descriveva l’intervento risolvibile in 120 giorni – testimonia Uguccioni –. Praticamente il museo sarebbe dovuto tornare fruibile nell’autunno del 2016. Ma così non è stato. Così non è. Ad oggi, se dovessi spiegare per quale ragione i lavori non siano più proseguiti non sono in grado di dirlo. Certo vennero fatti degli ottimi interventi. In particolare ricordo l’efficace realizzazione di un riscaldamento a terra che avrebbe contrastato la naturale umidità degli ambienti, legati al fatto che Palazzo Almerici non ha cantine ed nella parte vicina all’antico argine del Foglia. Oltre al pavimento hanno predisposto per l’impianto elettrico. Nient’altro». Più del danno materiale si avverte quello morale a sapere oggi l’antico museo ridotto ad un antro, un luogo buio e vuoto.

Cosa è l'Ente Olivieri? Qual è il tesoro dell'Oliveriana?

Scopritelo cliccando qui con il video tratto da Due minuti di storia